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Berlusconi: sui rom sto con Sarkozy

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:02.


PARIGI
Stava pranzando con alcuni senatori dell'Ump, il suo partito. E alla fine Nicolas Sarkozy è sbottato: «Che quella si prenda i rom nel suo paese – ha detto - che li accolga nel Lussemburgo». Quella è Viviane Reding, vicepresidente della commissione europea, responsabile della Giustizia, cittadina del granducato. E decisamente critica sulla caccia ai rom voluta dal presidente francese, a partire dalla fine di luglio.
Sarkozy ha promesso che affronterà l'argomento rom oggi a Bruxelles al vertice europeo e ha già incassato il sostegno di Silvio Berlusconi: «La signora Reding avrebbe fatto meglio a trattare la questione in privato con i dirigenti francesi, prima di esprimersi pubblicamente come ha fatto» ha dichiarato il premier a Le Figaro.
Ai senatori Ump Sarkozy aveva detto: «È scandaloso che l'Europa si esprima in quella maniera su quello che fa la Francia». Il riferimento era all'annuncio di una procedura di infrazione contro Parigi e soprattutto alle osservazioni della commissaria su una circolare del ministero degli interni francese, che, almeno nella sua prima versione, prendeva di mira i rom. «Si ha la netta impressione che delle persone siano espulse solo perché appartengono a una certa minoranza etnica. Credevo – aveva detto la Reding - che l'Europa non sarebbe stata più testimone di questo tipo di situazioni dopo la seconda guerra mondiale».
Ieri, in tarda serata, dopo che la vicenda si era trasformata in un vero psicodramma, la commissaria, pur mantenendo ferma la sua posizione nella sostanza, si è scusata per l'allusione alla shoah: «Mi dispiace – ha sottolineato - non volevo fare un parallelo tra la seconda guerra mondiale e le azioni del governo francese di oggi». L'Eliseo ha dichiarato in un comunicato «di prendere atto delle scuse di Viviane Reding». Che sono arrivate al termine di una giornata all'insegna della tensione. Nella mattina Pierre Lellouche, ministro francese degli affari europei, aveva definito «inopportuna» la «scivolata» della Reding: «Un contributo per il rientro e un biglietto d'aereo per il paese d'origine non mi sembrano corrispondere a una deportazione verso i campi di sterminio». In seguito era arrivata la sfuriata di Sarkozy. Che non è passata inosservata. Jean Asselborn, ministro degli esteri del Lussemburgo, ha definito «in malafede» le dichiarazioni del presidente, precisando che la Reding «non parlava come lussemburghese, ma in qualità di commissaria alla giustizia». Secondo Angela Merkel, cancelliere tedesco, «la commissione ha ragione a voler valutare se gli stati membri agiscano applicando il trattato europeo. Ma il tono della Reding e il paragone storico non erano adeguati». Invece, José Manuel Barroso, presidente dell'esecutivo Ue, ha difeso la sua commissaria: «La legge comunitaria – ha detto - deve essere rispettata». Unica voce fuori dal coro, quella di Berlusconi: «L'Europa non ha ancora capito – ha dichiarato - che quello dei rom non è un problema unicamente francese o italiano, greco o spagnolo. Sarkozy, invece, ne è pienamente cosciente».

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Tags Correlati: Angela Merkel | Comitato Esecutivo | Eliseo | Eric Besson | Governo | Jean Asselborn | José Manuel Barroso | Lussemburgo | Ministero dell'Interno | Parigi | Partito Socialista | Pierre Lellouche | Stati Membri | Ump Sarkozy | Viviane Reding

 

Intanto, però, le polemiche «contaminano» pure il governo francese. La discordia, in particolare, si insinua fra i due ministri che si ritrovano a gestire le espulsioni dei rom: Brice Hortefeux, agli interni, e Eric Besson, responsabile dell'immigrazione. Proprio il secondo aveva assicurato alla Reding che la Francia rispettava «scrupolosamente» la legge europea che vieta discriminazioni sulla base delle origini etniche. In seguito è emerso che il riferimento a espellere prioritariamente i rom era contenuto in una circolare del ministero degli interni. È uno dei motivi che ha scatenato la rabbia della Reding. Besson, da parte sua, ha ammesso di non essere stato a conoscenza di quel testo. Scaricandone così la responsabilità su Hortefeux, il falco, amicissimo da una vita di Sarkozy. Fin dagli inizi della vicenda i due ministri appaiono spesso in contraddizione. E Besson, che fino a pochi mesi prima delle ultime presidenziali militava nelle file del partito socialista, si è ritrovato spesso a stemperare le dichiarazioni perentorie del collega. Come sottolineato da fonti anonime citate dall'agenzia France presse, «i due si odiano. Ma poiché Besson vuole restare nel governo, si frena. Ed evita di scontrarsi direttamente con Hortefeux». L'amico del presidente.
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