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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:02.
BRUXELLES. Dal nostro inviato
La Germania ha avuto la Cina, la sede diplomatica più ambita. La piccola Austria ha incassato il Giappone, la seconda poltronissima. Un altro pezzo da novanta, il Sudafrica, è andato all'Olanda. Chi non è riuscito a strappare il massimo della qualità degli incarichi diplomatici europei si è rifatto con la quantità.
La Spagna ha battuto il record con ben 5 posti, geograficamente ben distribuiti: Argentina, n.2 della delegazione in Cina e tre paesi africani, Angola, Namibia e Guinea Bissau. La Francia ha conquistato Filippine, Chad e Zambia. Tre sedi come la piccola Irlanda.
E l'Italia? Ha fatto 2. Certo, 2 come Germania, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Polonia. Due, che è il doppio di 1 toccato ad Austria, Svezia, Bulgaria e Portogallo (anche se quest'ultimo vanta già l'ambasciata europea più importante di tutte, quella di Washington).
Due con che cosa? Con Albania, assegnata a Ettore Sequi, e Uganda a Roberto Ridolfi. Due nazioni "scartine": anche se la prima rientra tra i paesi balcanici da sempre particolarmente cari alla nostra diplomazia, risultiamo completamente tagliati fuori dalle regioni emergenti più dinamiche del mondo, quelle dove stanno nascendo i mercati più ricchi e promettenti oltre che i nuovi equilibri strategici globali.
A peggiorare il bilancio per l'Italia di questa prima tornata di nomine, una trentina nel l'ambito del costituendo Servizio diplomatico europeao (EEAS), c'è però dell'altro. Risultato magrissimo e senza grandi compensazioni in vista. Il tentativo di ottenere la nomina di un italiano ai vertici della struttura di "governo" del nuovo corpo diplomatico Ue non è infatti approdato a nulla. Lady Ashton ha bocciato il nostro candidato.
Aspiravamo ad avere uno dei due vice del segretario generale, la poltrona al top della piramide che andrà al francese Pierre Vimont (il che spiega le sedi estere relativamente minori offerte a Parigi). Invece no. I vice saranno la tedesca Helga Schmid e un polacco, probabilmente Mikolaj Dowgielewicz. Niente italiano nemmeno alla testa dell'amministrazione EEAS, che andrà all'irlandense David O'Sullivan.