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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 09:03.
NEW YORK - I Tea Party mettono il loro timbro sull'ultima tornata di primarie prima delle elezioni americane di midterm del 2 novembre, dimostrando ancora una volta di essere una forza vera e non un fenomeno volatile.
Contro ogni aspettativa due candidati sostenuti dal movimento liberista e anti-tasse hanno battuto i favoriti rivali, espressione dell'establishment del partito.
I risultati, eclatanti, arrivano dalla corsa al Senato in Delaware, dove Christine O'Donnell ha superato nettamente Michael Castle (53% a 47), e dalla gara per il posto di governatore a New York, dove Carl Paladino si è sbarazzato di Rick Lazio addirittura con il 62% dei voti.
Per un soffio i Tea Party potrebbero non spuntarla invece in New Hampshire, dove il loro candidato al Senato Ovide Lamontagne tallona l'avversaria Kelly Ayotte, avanti per ora di due punti percentuali (39% a 37). Il trionfo di O'Donnell e Paladino manda un segnale inequivocabile ai repubblicani: basta con i veterani di partito e le antiche logiche politiche, basta con qualsiasi idea di dialogo con l'amministrazione Obama. La O'Donnell, 41 anni, un passato con fallimentari corse elettorali, ha goduto dell'appoggio di Sarah Palin, ex candidata alla vicepresidenza con John McCain e stella dei Tea Party. A poco è servita l'intensa campagna pubblicitaria di Castle, popolare ex governatore del Delaware ed ex parlamentare, in cui screditava l'avversaria rimproverandole di non pagare il suo staff e di usare i soldi per l'affitto. La O'Donnell è apparsa raggiante nel suo quartier generale, circondata dai sostenitori in festa, e in un'intervista ha rivendicato il successo: «Non sottovalutate mai il potere del popolo. Molti dicono che non possiamo vincere le elezioni del 2 novembre. Yes we can! Ci sarà da lavorare duro ma possiamo farcela se quelle stesse persone che hanno lottato contro di me mi sosterranno con forza».
Il riferimento è ovviamente ai colleghi "tradizionali" di un partito che appare in grave imbarazzo e difficoltà di fronte all'affermazione di quest'ala estrema. Candidati come la O'Donnell, infatti, potrebbero spingere gli indipendenti a scegliere i democratici nelle urne del 2 novembre, compromettendo la possibilità di riguadagnare il controllo del Senato.