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Con il suo nuovo brand, Roma si prepara a far fruttare la sua storia e la sua anima

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 16:37.

Sta per finire l'era dei turisti che visitano il Colosseo indossando la t-shirt "I love Roma" che scimmiotta il famoso logo con il cuore newyorchese? Forse sì. Anche perché adesso Roma ha il suo marchio. Che non c'entra con il celebre scudetto con scritto l'antico "S.P.Q.R." che si trova sui tombini come sui documenti ufficiali, ma è simbolo di un brand, composto dall'anima della città, che è il suo modo di vivere, la sua storia, i suoi cieli, la sua arte.

Presentato il giorno che precede la nuova denominazione di Roma non più come "Comune" ma come "Roma Capitale", il nuovo logo è stato selezionato fra più di 1.100 progetti che avevano partecipato al concorso indetto nel luglio 2009 dall'Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione della Capitale in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università La Sapienza. Massima liberà espressiva, gli unici elementi che dovevano essere presenti erano la Lupa e il logotipo "Roma". Fra archi, sampietrini, acquedotti, il Colosseo, Romolo e Remo rappresentati come bimbi litigiosi oppure stilizzati fino a diventare linee, a vincere è stato il progetto dell'agenzia torinese Mediapeople, che ha convinto la commissione «per la forza del richiamo alla tradzione clasica, ecidente tanto nella ricca iconsogrfia del captello quinato nello slancio dela colonna scovratsta da una stilizzaizone della legegndaria Lupa», come ha osservato Mario Morcellini, preside della Facoltà e presidente della Commissione.

Dietro a questo progetto, però, non c'è solo la volontà di dar finalmente vita a un brand della città, come New York fece già a metà degli anni Settanta con il celebre logo di Milton Graser o più recentemente Berlino e Madrid, ma anche di far fruttare il ricchissimo patrimonio dei significati di Roma. Appunto, l'anima di una delle città più riconoscibili al mondo. «Con quetso logo vogliamo ribaltare il rapporto fra pubblico e privato - ha detto l'assessore Umberto Croppi - ora saranno le aziende e pagare per associare questa sorta di marchio di garanzia e di qualità alle loro iniziative. E pensiamo che negli anni questo possa portare nelle casse della città decine e decine di milioni di euro». Intanto, entro pochi mesi il logo apparirà sul primo merchandising che sarà venduto soprattutto nei bookshop dei musei comunali, per Croppi «un mercato interessante che nel 2008-9 ha fruttato 1.600.000 euro e che è in crescita: nei primi sei mesi del 2010, infatti, siamo già arrivati a 1.100.000 euro. Di questi introiti un terzo è composto dal merchandising e il 40% è direttamente prodotto dal Comune di Roma».

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Tags Correlati: Marchi e brevetti | Mario Morcellini | Milton Graser | Roma | Romolo e Remo | Senatus Populusque Romanus | Umberto Croppi | Università La Sapienza

 

E per chi fosse curioso di vedere una selezione dei progetti che hanno partecipato al concorso, circa 70 sono esposti in una mostra al Museo dell'Ara Pacis, visitabile fino al prossimo 3 ottobre. (Ch. B.)


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