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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 08:04.
TORINO - «Oggi è un grandissimo giorno, l'auto ora è libera». Sergio Marchionne, sbarcato ieri mattina alle sei e mezza dall'aereo che lo ha riportato dagli Usa, celebra così il via libera dei soci al progetto cui ha lavorato per mesi: gli azionisti riuniti al Lingotto hanno approvato ieri a larga maggioranza la scissione del gruppo Fiat tra auto e camion. L'amministratore delegato ha parlato di una nuova era e ha spiegato che «di fronte alle grandi trasformazioni in atto nel mercato, era necessario ridefinire il panorama industriale».
Perché non l'avete fatto prima? «Eravamo impegnati a ricostituire la capacità del gruppo di generare profitti». Dopo un secolo di vita in comune, è comprensibile che ci siano quelle che Marchionne ha definito «reazioni emotive». Ma «in Fiat non abbiamo paura del futuro: quello che ci interessa è costruirlo», ha detto il presidente John Elkann. Lo stesso Elkann ha aperto ieri i lavori (era il suo esordio alla guida dell'assemblea) ricordando «gli ultimi dieci anni, in cui ho iniziato a vivere questa azienda»; dieci anni «iniziati in maniera difficile», con «i momenti bui» e la «sensazione di un destino ormai segnato». Ieri sono nate invece «due Fiat forti, con ambizioni, obiettivi e persone pronte a realizzarli».
Entro fine mese verrà presentata la richiesta di quotazione delle azioni Fiat Industrial, che dovrebbe essere approvata entro fine novembre. Dopo la stipula dell'atto di scissione a metà dicembre, le due società si separeranno ufficialmente il 1° gennaio 2011. Oltre alla scissione i soci hanno approvato ieri le modifiche agli statuti, comprese le cosiddette clausole anti-scalata, e la riduzione del tetto al buy back.
Ciascuna delle due nuove entità avrà «maggiore libertà d'azione per le alleanze». Fiat Industrial – ha detto Marchionne – «ha una dimensione adeguata per competere a livello mondiale»; la società «non avrà un amministratore delegato - ci sono già Paolo Monferino per Iveco e Harold Boyanovsky per Cnh». Marchionne ha confermato che i prossimi mesi vedranno nuovi ingressi e rimpasti nel management.
Le attività di Fiat spa saranno costituite per quasi l'85% dall'auto (con Ferrari e Maserati), e comprenderanno anche i componenti e le partecipazioni editoriali, inclusa la quota in Rcs. «Grazie a quello che è stato fatto in questi anni e grazie all'accordo con Chrysler, non ha più bisogno di stampelle e può essere artefice del proprio destino», ha detto Marchionne. Gli obiettivi di crescita sono ambiziosissimi – il piano industriale prevede il raddoppio del fatturato entro il 2014 – e l'alleanza americana avrà un ruolo centrale. «La suddivisione delle allocazioni produttive ci darà la possibilità di sfruttare il nostro sistema industriale», ha detto il numero uno del Lingotto con riferimento alla situazione delle fabbriche italiane di auto (si veda l'articolo qui a fianco). «Alfa Romeo non si vende e diventerà il nostro marchio premium». Fiat cercherà di risalire al 90% di Ferrari (attualmente è all'85% con il 5% in mano alla finanziaria di Abu Dhabi Mubadala). L'opzione che il Lingotto deteneva su questo 5% è scaduta a fine luglio; Marchionne ha assicurato che Fiat «sta cercando una soluzione per tornare a controllare il 90% della Ferrari, che è la nostra posizione storica», conservando al tempo stesso Mubadala come socio.