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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 10:59.
Niente moglie e figli, considerato veterano a 36 anni, da 15 parà della Folgore. Il tenente Alessandro Romani, trentesima vittima italiana in Afghanistan dall'inizio della missione Isaf nel 2004, è ricordato dai colleghi come un «uomo intelligente, caparbio, che sa fare le cose e riesce a farle fare agli altri». Da sempre incursore scelto, si è distinto come addestratore, ha ricevuto diversi encomi ed elogi per i «risultati che otteneva e quelli che faceva ottenere».
Romano, occhi azzurri, fisico muscoloso, «gentile», aveva alle spalle cinque missioni in Afghanistan ma era stato anche in Iraq e in Kosovo.
Un uomo che sceglie di fare il soldato a 18 anni «come quelli che scelgono di fare il medico». Per missione. «Era orgoglioso di indossare la divisa del suo paese» dicono alcuni colleghi all'uscita della caserma Vannucci di Livorno dove Romani viveva da single in un appartamento di piazza Palestro, in centro. Ieri un gruppo di amici e alpini si è radunato davanti alla palazzina a otto piani di piazza Bologna a Roma, dove vive la madre. Pochi altri particolari sul tenente ucciso visto il delicato incarico e l'abbottonato ambiente dell'unico reparto delle forze speciali del nostro esercito.
Gli ultimi due sono stati gli anni più duri per gli italiani: nove vittime nel 2009, otto nel 2010. Uno degli agguati più gravi si è verificato esattamente un anno fa e ha colpito sempre la Folgore: il 17 settembre 2009 sei paracadutisti muoiono in un attentato suicida a Kabul rivendicato dai talebani. (An. Man.)