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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 13:05.
LONDRA - Hanno atteso seduti composti per più di mezz'ora l'arrivo di Benedetto XVI, nella grande Westminster Hall. Tony Blair e Gordon Brown, eterni rivali, si sono trovati fianco a fianco in pubblico dopo molto tempo e hanno lungamente parlato e scherzato. C'era tutta Londra (mancava solo il premier David Cameron, ai funerali del padre) ieri sera ad ascoltare Joseph Ratzinger nell'incontro con la società civile, il mondo accademico, il corpo diplomatico e leader religiosi.
Un discorso atteso, in un giorno che – oltre alle proteste di alcuni gruppi organizzati al passaggio del Papa - ha visto l'attenzione spostarsi sull'arresto dei sei presunti terroristi, evento che non ha cambiato il programma della visita e che non avrebbe preoccupato il Papa, come ha assicurato padre Federico Lombardi. Religione e politica, questo il tema-chiave riproposto da Ratzinger, da contrapporre alla dittatura del relativismo.
«Non posso che esprimere la mia preoccupazione di fronte alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni ambienti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore». Di più: «Vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o tutt'al più relegata alla sfera privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna».
Insomma, una rivendicazione forte dell'appartenenza, che per il Papa deve contrastare anche chi vorrebbe che i cristiani che ricoprono cariche pubbliche dovrebbero agire, in certo casi, anche contro la propria coscienza, con chiaro riferimento ai principi non negoziabili (vita e famiglia su tutti): da qui la riaffermazione del «ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica», affrontato nell'incontro di Edimburgo con la regina Elisabetta. In questo senso le istituzioni religiose devono essere libere «di agire in accordo con i propri principi», garantendo così i «diritti fondamentali, quali la libertà religiosa, la libertà di coscienza e libertà di associazione».