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I soldati invisibili della Task Force 45

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 10:57.

Possiamo immaginarli gli incursori del Col Moschin, fianco a fianco, mentre l'elicottero con il portellone aperto ondeggia sopra la sabbia e le pietraie e si avvicina a semicerchio sui talebani. Stringono il mitragliatore e si piegano in avanti sul pianale pronti a lanciarsi fuori, con il casco di kevlar, il giubbotto antiproiettile e qualche migliaio di colpi addosso insieme alle bombe deflagranti e alla radiotrasmittente. È l'alba, l'aria ancora pungente, ma sotto quella corazza si cola di sudore e tensione. Noi a migliaia di chilometri stiamo per alzarci, andare in ufficio e preparare i figli per andare a scuola. L'Afghanistan, lontano migliaia di chilometri, non può sfiorare i nostri pensieri.

Mancano trecento metri, forse duecento al bersaglio. Una raffica dal basso, una grandinata di colpi dei talebani e l'elicottero italiano vira bruscamente. Non si sentono neppure le grida di dolore dei feriti soffocate dai rotori che vanno a mille.

Il tenente Alessandro Romani della Task Force 45 è morto così, con gli occhi velati dalla polvere e dall'argilla di Farah sollevata dalle pale dell'elicottero. La Task Force 45 è l'élite delle nostre forze speciali. Ufficialmente non esiste, soldati invisibili che non sono neppure conteggiati nel contingente dei 3.500 uomini schierati in Afghanistan e nella provincia di Herat dove hanno il comando gli italiani della brigata alpina Taurinense del generale Claudio Berto. I fantasmi della Task Force 45 sono incaricati di bloccare le incursioni dei talebani dal confine pakistano e dalla turbolenta provincia dell'Helmand. Ma sono anche in prima linea a nord, nella vallata di Bala Murghab e ancora più su, quando ci si avvicina alle vette acuminate al confine con il Tagikistan e l'Iran. Quanti sono? Forse 200, selezionati tra le fila del 9° Reggimento d'assalto paracadutisti Col Moschin, eredi degli Arditi del Grappa della prima guerra mondiale, e integrati da incursori della Marina del Comsubin, carabinieri del Gis e forze speciali dell'Aviazione. Sono militari addestrati alla sopravvivenza in ogni condizione, anche in quelle più estreme e disumane, dove le facoltà mentali e nervose devono essere pari almeno a quelle fisiche.

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Tags Correlati: Alessandro Romani | Armata Rossa | Bala Baluk | Claudio Berto | Col Moschin | Gis | Helmand | Marina Militare | Misure di sicurezza | Pakistan | Task Force

 

All'insaputa di gran parte degli italiani gli uomini della Task Force hanno partecipato, in stretto coordinanento con le altre forze alleate, a scontri importanti e sanguinosi. A Farah sono schierati da quattro anni: è una delle zone più insidiose sotto il comando italiano. Qualche tempo fa uno degli ufficiali della Task Force ci squadernò davanti la mappa: «A ovest ci sono la provincia di Helmand e il confine pakistano, appena oltre c'è Quetta dove la Shura, l'assemblea dei capi talebani in esilio in Pakistan, decide le operazioni contro la Nato. Nell'avanzata dall'Helmand e proseguendo verso Nord i talebani incontrano i marines americani e i paracadutisti inglesi. Poi puntano più a est, in direzione di Kandahar. Per infiltrarsi verso le province occidentali sono obbligati a infilarsi nel deserto di Farah, un passaggio obbligato».

Tutte le guerre hanno una loro vita segreta e quella degli incursori della Task Force è una delle meno conosciute. Nel tentativo di raccontare le strategie e le forze profonde che animano un conflitto spesso sfuggono aspetti essenziali della realtà quotidiana. «Bombe, trappole esplosive, anche rudimentali - spiegavano gli esperti della Task Force - sono insidie micidiali e a volte la tecnologia non basta. Se i talebani impiegano ordigni elettronici sofisticati per far saltare una bomba, abbiamo i mezzi per anticipare la minaccia. Ma con una semplice miccia o una mina a pressione aggirano anche i detector più sofisticati». Questo è il problema della guerra asimmetrica. Il caricatore di un kalashnikov a breve distanza può abbattere un elicottero da milioni di euro, una bomba improvvisata da pochi soldi distruggere un veicolo blindato come il Lince.

Fu così anche la guerra contro i sovietici. Qualche tempo fa gli uomini della Task Force 45 si acquartierarono nel fortino di Delaram, un avamposto dalle mura sbreccate dove negli anni Ottanta stava l'Armata Rossa: da qui partono gli incursori per tenere a bada gli insorti di Bakwa nel distretto di Bala Baluk. Un crocevia strategico ai piedi del Gulistan, un'area dal nome poetico, il Giardino dei Fiori, che oggi per noi ha il suono cupo della tragedia.

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