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Il gioco preferito del Palazzo. Sarà Profumo il papa nero invocato da Veltroni per il Pd?

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2010 alle ore 19:46.

Alessandro Profumo dall'UniCredit al Pd? Che possa essere lui il papa straniero invocato da Veltroni che dalla società civile arriva a guidare il centrosinistra alla presa di palazzo Chigi? È una eventualità che non scalda i cuori dei deputati del Pd. Nel transatlantico di Montecitorio impazza nei conciliaboli la vicenda delle dimissioni di Arrogance, come veniva chiamato nell'ambiente il banchiere.

Sebbene gli onorevoli democratici scartino l'idea di Profumo come candidato a palazzo Chigi, non negano che un futuro nel Pd per lui ci possa comunque essere. Magari, come ministro, sempre che si vincano le elezioni. Un avvicinamento, quello di Profumo al partito democratico, che non sarebbe poi così strano, scrive l'agenzia di stampa Dire.
Nel 2007 l'ex ad di UniCredit era in fila ai gazebo per votare alle primarie che incoronarono Veltroni. Era lì per sostenere la moglie, Sabina Ratti, candidata come capolista nella lista di Rosy Bindi e poi eletta nell'assemblea costituente.

Il capogruppo Pd in commissione Bilancio, Pier Paolo Baretta, dice che sarà difficile vederlo in politica, però «se è libero un ministero per lui si trova». Baretta giudica il dibattito sulla Libia e le fondazioni, tra le cause dell'addio di Profumo «superficiale»: è piuttosto «la crisi che muta tutti gli equilibri, nella politica e nella Fiat così come nel mondo della finanza».

Sulla stessa linea il collega Massimo Vannucci: «Profumo una risorsa per il Pd? Mah, secondo me se vinciamo le elezioni può fare il ministro».

Più freddo Lino Duilio: «Dobbiamo finirla con questa storia dei papi stranieri, è la politica che deve tornare a selezionare la classe dirigente. Tra l'altro noi abbiamo una attrazione fatale per le banche, più di una volta siamo andati in banca d'Italia». Duilio cita Ciampi e Dini, «figure egregie, ma a mio parere profumo è un banchiere e resterà banchiere».

Chi proprio non lo vede è Giulio Santagata, amico e collaboratore strettissimo di Romano Prodi. «Da noi il candidato premier lo scelgono gli elettori - dice l'ex ministro -: il fatto poi che chi ha abbandonato con uno strappo la principale banca del paese possa mezz'ora dopo già essere candidato a fare il candidato, mi pare un po' difficile». Peraltro, aggiunge Santagata, «Profumo è uno che ha cercato di tenere lontano la principale banca che era pubblica dalla politica. Che possa fare politica lui...».

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Tags Correlati: Alessandro Profumo | Arrogance | Banca d'Italia | Bilancio | Camera dei deputati | Cariverona | Consob | Elezioni | Giulio Santagata | Lega | Marco Causi | Massimo Vannucci | Piergiorgio Stiffoni | Sabina Ratti | Veltroni

 

Tra i deputati veltroniani si registra il sorriso di Marco Causi che preferisce non sbilanciarsi e un ironico Marco Minniti: «Profumo candidato premier? Certo, come no... Anzi - aggiunge - scommetto che ora ci sarà chi dice che noi abbiamo promosso il documento dei 75, in combutta con il cda di UniCredit, perché sapevamo che lui avrebbe mollato la banca...».

Infine, un particolare curioso. Profumo ha firmato con la moglie il patto generazionale, impegnandosi a sessant'anni a lasciare o a rifiutare ruoli di comando in politica e nell'economia a favore dei giovani. L'ex ad di UniCredit è del '57, ha 53 anni, il che vuol dire che, se lo vorrà, per decidere ha tempo fino al 2017.

Le reazioni della Lega
«Non é la politica, né sono i partiti che decidono la rimozione di un amministratore o le nuove nomine". Lo ha affermato il presidente della commissione Bilancio della Camera, il leghista Giancarlo Giorgetti, interpellato sulla vicenda Unicredit e le dimissioni di Profumo. A chi faceva notare come la Lega nei giorni scorsi abbia criticato l'operato dell'a.d., Giorgetti ha risposto: «E' corretto che la politica parli sulle scelte gestionali. È giusto fare credito alle Pmi o fare entrare i capitali libici? Su questi temi - ha concluso Giorgetti - la politica deve dire la sua».

«Ritengo sia da ringraziare solo la Lega Nord e l'attenzione del sindaco di verona Tosi se l'affaire libici/Profumo sia venuto alla ribalta. Fino ad alcuni anni orsono, in agosto, quando la gente è dormiente e in ferie succedevano i peggiori misfatti, ma ora non é più così». Piergiorgio Stiffoni, senatore della Lega Nord, dopo le ultime vicende di UniCredit e in relazione al cda di oggi, plaude all' azione dell'organo di informazione della Lega, "La Padania" (che il 13 agosto scorso ha reso nota l'operazione finanziaria libica, operazione cui erano all'oscuro Bankitalia e Consob) e di tutto il movimento dopo che i libici hanno acquisito ben il 7,5% di UniCredit, scalzando Cariverona al secondo posto dell'investimento. Secondo il senatore trevigiano della Lega «ciò che è mancato da parte del management della banca, è stato il controllo, e c'è da chiedersi - sottolinea Stiffoni - se non sia il caso di pensare a una maggior protezione dell'azionariato delle banche per ora italiane e sulla concentrazione di un eccessivo potere, anche nelle fondazioni, nelle mani di singole persone, in ruoli tanto delicati. Il controllo delle fondazioni - conclude - è essenziale per non disperdere le risorse che, prodotte dalle banche del territorio, allo stesso devono ritornare».

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