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Napolitano: Roma unica capitale

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2010 alle ore 08:04.


ROMA
«Non esiste affatto la Roma ladrona che alcuni si ostinano a stigmatizzare», esordisce il sindaco della capitale Gianni Alemanno. «È mio doveroso impegno e assillo che non vi siano ombre da nessuna parte sul patrimonio vitale e indivisibile dell'unità nazionale, di cui è parte integrante il ruolo di Roma capitale al Campidoglio», rilancia Giorgio Napolitano. Con il Vaticano, «non vi sono più né tensioni né ombre».
Nel giorno in cui si celebrano i 140 anni di Roma capitale d'Italia e, al tempo stesso, la trasformazione del comune nell'«ente Roma capitale» (il decreto legislativo, approvato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, è stato pubblicato sabato sulla Gazzetta ufficiale) dalla solenne cornice dell'assemblea capitolina parte la controffensiva alle pulsioni "separatiste" e xenofobe che spirano in Europa e nel paese, nonché agli attacchi della Lega al ruolo stesso della capitale. È il federalismo fiscale la vera partita che deciderà il destino del paese: un percorso che il presidente della Repubblica immagina come «condiviso e solidale», conscio dei rischi di un'ulteriore divaricazione tra il nord e il sud del paese. «Altro che Roma ladrona», ribadisce Alemanno che snocciola i dati del gettito fiscale che la città riversa nelle casse dell'erario: 35 miliardi a fronte di trasferimenti statali di 1,6 miliardi. «È evidente che qualsiasi forma di federalismo fiscale non possa non portare a Roma ben altre risorse di quelle che riceviamo oggi».
Napolitano accoglie con emozione la decisione della giunta capitolina di assegnargli la cittadinanza onoraria di Roma. Con la capitale, lui, napoletano di origine, si sente da anni in perfetta sintonia: «Romani e appassionati di Roma sono i miei figli e i miei nipoti, e anni speciali ha vissuto a Roma, da bambina, mia moglie Clio con la sua famiglia». Proprio qui in Campidoglio Giorgio e Clio si sono sposati cinquant'anni fa. In questa città vivono stabilmente dal 1944. Rapporto con le istituzioni, in primo luogo, con il Parlamento «che è divenuto per me la mia prima e più grande casa». Né la «retorica bellicista» né il «culto della romanità» in auge nel ventennio fascista possono giustificare la «sottovalutazione dell'impronta incancellabile» della capitale, «diffusasi in certi periodi in alcuni ambienti». Napolitano cita Cavour e i suoi discorsi del marzo 1861: «Senza Roma capitale d'Italia, l'Italia non si può costituire». Il principio cavouriano della «libera Chiesa in libero Stato» ha fatto fatica ad affermarsi, dalla breccia di Porta Pia all'aggravarsi della «questione romana» nei primi decenni dello stato unitario, fino alle «clamorose tensioni» del 1911 tra Quirinale e Vaticano, ma molta acqua è passata da allora sotto i ponti del Tevere, con due date su tutte: il Concordato del 1929 e la revisione dei Patti Lateranensi del 1984.

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Napolitano ribadisce con forza che il ruolo di Roma capitale è fuori discussione, né può essere «negato, contestato o sfilacciato» nella prospettiva del federalismo fiscale. Nei nuovi equilibri geo-politici, e soprattutto nell'auspicata prospettiva di una maggiore integrazione europea, la forza dell'Italia «come nazione e come sistema paese sta nella sua capacità di rinnovarsi rafforzando e non indebolendo la sua unità». La conclusione è che «mortificare o disperdere le strutture portanti dello stato nazionale sarebbe semplicemente fuorviante».
La presenza del segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone alle celebrazioni del 140mo anniversario della breccia di Porta Pia - sottolinea Napolitano conversando con i giornalisti - è la conferma «del rispetto della chiesa e dello stato vaticano per Roma capitale dello stato nazionale italiano». Posizioni acquisite da tempo «e ormai storiche», da apprezzare proprio perché riaffermate nel rievocare un episodio che ha segnato la fine del potere temporale della Chiesa. La seduta straordinaria dell'assemblea capitolina si è aperta con un minuto di silenzio per il tenente Alessandro Romani, morto in Afghanistan venerdì scorso: «Un soldato di Roma - ha osservato Alemanno - che ben dimostra quel che valgono le nuove generazioni della nostra città».
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