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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2010 alle ore 15:18.
La Santa Sede «manifesta perplessità e meraviglia per l'iniziativa della Procura di Roma, tenendo conto che i dati informativi necessari sono già disponibili presso l'ufficio competente della Banca d'Italia, e operazioni analoghe hanno luogo correntemente con altri istituti di credito italiani». È quanto precisa, in una nota, la Segreteria di Stato Vaticana in riferimento all'iniziativa della Procura di Roma che ha indagato i vertici dello Ior e chiesto il sequestro preventivo di 23 milioni di euro depositati su un conto del Credito Artigiano.
Il presidente Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani sono indagati per omissioni legate alla violazione delle norme volte a prevenire operazioni di riciclaggio. È la prima volta in Italia che viene attuata una iniziativa del genere nei confronti dello Ior. A disporre il sequestro preventivo è stato il giudice per le indagini preliminari Maria Teresa Covatta che ha accolto le richieste del procuratore aggiunto Nello Rossi e del sostituto Stefano Rocco Fava.
La banca vaticana è da tempo al centro di accertamenti ispettivi da parte della Banca d'Italia per il mancato rispetto degli obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio, soprattutto in riferimento all'identità dei propri clienti. La vicenda che ha portato al sequestro nasce a gennaio di quest'anno, quando Palazzo Koch comunica al gruppo Credito valtellinese, di cui il Credito artigiano fa parte, l'inclusione del Vaticano nella lista dei Paesi extracomunitari verso i cui istituti di credito le banche italiane devono applicare le verifiche e i controlli rafforzati previsti dal decreto 231 del 2007.
In particolare, l'articolo 55 punisce con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5.000 euro «l'esecutore dell'operazione che omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l'operazione o le indica false»; lo stesso articolo prevede l'arresto da sei mesi a tre anni con l'ammenda da 5.000 a 50mila euro «dell'esecutore dell'operazione che non fornisce informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo o dalla prestazione professionale o le fornisce false».