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Da Bishoff a Palenzona, il coro di no a Profumo

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 09:17.

MILANO
Non è stata una riunione facile quella del consiglio di amministrazione di UniCredit che martedì sera si è concluso con le dimissioni notturne di Alessandro Profumo. Fino al primo pomeriggio, alcuni consiglieri confidavano in un ripensamento dei grandi soci. Altri, che pure davano ormai per scontata l'uscita del banchiere, speravano che le dimissioni arrivassero prima dell'inizio del board, fissato per le 18. Invece, a sorpresa, all'inizio del pomeriggio al presidente Dieter Rampl è arrivata una lettera di una pagina e mezzo inviata da Profumo, assistito dallo studio legale Bonelli Erede Pappalardo, che chiedeva un esplicito passaggio consiliare – con richiesta di votazione – sull'eventuale venir meno della fiducia nei suoi confronti. «È necessario che l'operazione venga compiuta con la massima trasparenza e che ognuno lasci le proprie impronte», ha concordato Profumo con i suoi legali. Una richiesta inusuale, che ha caratterizzato l'avvio del consiglio. Rampl ha letto la missiva di Profumo. E ha sollecitato un parere ai legali dello studio d'Urso, Gatti & Bianchi. Per quasi mezzora, i consiglieri hanno dibattuto sulla necessità di votare o meno. Pare che i legali di UniCredit avessero verificato addirittura la possibilità giuridica di non farlo. Ma alla fine, i consiglieri hanno avviato la discussione con l'intento di pronunciarsi poi esplicitamente con un voto. Come noto il consigliere indipendente Lucrezia Reichlin, che poi è stata l'unica a votare contro la sfiducia a Profumo, si è subito schierata a favore della continuità. Dichiarando di non vedere gli estremi per una discontinuità al vertice. E chiedendo spiegazioni sul perchè la situazione fosse precipitata, al punto di giungere al ricambio del top manager, in assenza di contestazioni specifiche. La risposta di Rampl, sempre stando alle indiscrezioni, è che non vi sarebbe nessun addebito specifico da muovere a Profumo. Quanto, piuttosto, un cumulo di situazioni che hanno portato alla perdita di fiducia del presidente e poi del board.
Sulla posizione in difesa di Profumo ha concordato anche il Governatore della Central Bank of Lybia Fahrat Omar Bengadara, vicepresidente di UniCredit. Senza entrare nel dettaglio delle quote acquistate dai "cugini" libici della Lybian Investment Authority, Bengdara ha ribadito che l'investimento libico è di medio-lungo termine. E che la Libia è diventata azionista di UniCredit per la fiducia nella banca, ma anche nel top management che la guida. Tanto da proporre al board l'ipotesi, poi non accolta dai consiglieri, di una soluzione temporanea che vedesse comunque Profumo coinvolto, in attesa della scelta del successore. A difesa della stabilità, e dunque di Profumo, anche Salvatore Ligresti. E i tedeschi? Enrico Tomaso Cucchiani, presidente di Allianz Italia e membro del Vorstand della capogruppo di Monaco, era in teleconferenza dall'India, dove si trovava per impegni di lavoro, e non sarebbe intervenuto. Duro, invece, l'intervento di Manfred Bishoff, presidente del consiglio di sorveglianza di Daimler Ag che, stando alle ricostruzioni, avrebbe fatto un duro richiamo al rispetto della governance e della violazione ripetuta di una normale dialettica tra ceo e board. Di diverso tipo, invece, le preoccupazioni dell'ex ministro delle Finanze tedesco Theodor Waigel che ha chiesto, pare ottenendole, generiche rassicurazioni, sulla veridicità di «interferenze politiche nel caso».

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In linea con la dura posizione dei consiglieri esteri, anche i tre "capi-delegazione" delle maggiori Fondazioni. Hanno preso la parola sia Luigi Castelletti (Fondazione CariVerona) che Vincenzo Calandra Bonaura (Carimonte Holding), esprimendo senza equivoci opinioni ferme sulla necessità di procedere con la sfiducia a Profumo. Atteso l'intervento di Fabrizio Palenzona (Fondazione Crt), finora tradizionale mediatore negli scontri tra Profumo e il board. Ma stavolta Palenzona non ha affatto mediato. «È arrivato il momento di dire basta».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Wall Street Journal
Per il quotidiano Usa «il capo di UniCredit se ne va nel mezzo di una faida sulla Libia».

Financial Times
Per il giornale britannico l'eredità di Profumo «avrebbe potuto trasformare il sistema bancario italiano».

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