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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 09:11.
ROMA
La tregua è rotta. «Nessuna trattativa sul lodo per salvare il premier con chi prepara falsi dossier per infangare Fini», è il mantra che gli uomini del presidente della Camera andavano ripetendo ieri in Transatlantico. La pubblicazione su il Giornale e Libero, preceduti già martedì sera dal sito Dagospia, del documento che attribuirebbe la proprietà della famosa casa di Montecarlo appartenuta ad An a Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini, chiude improvvisamente le porte al confronto sullo scudo che negli ultimi giorni sembrava invece destinato a decollare. «È una porcheria», avrebbe sotenuto il presidente della Camera che, secondo persone a lui vicinissime, è in possesso di «elementi che evidenziano una vera e propria attività di dossieraggio, con utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all'estero al fine di produrre e diffodere documentazione falsa». Insomma, per Fini, nonostante la smentita del suo portavoce Fabrizio Alfano, ci sarebbe anche la manina dei servizi.
Lo confermano anche le parole pronunciate da due fedelissimi come Enzo Raisi, che accusa esplicitamente tanto Il Giornale che Dagospia «di avere rapporti con i servizi segreti», e come Carmelo Briguglio che, da membro del Copasir, chiede l'intervento del Comitato per la sicurezza affinché si verifichi se «pezzi di servizi deviati» abbiano partecipato «all'attività di dossieraggio» ai danni di Fini, pubblicata dal quotidiano della famiglia del presidente del Consiglio. Che ci sia qualcosa che non va lo confermerebbero peraltro anche le modalità della pubblicazione. Prima che in Italia, la lettera era stata infatti pubblicata da due quotidiani di Santo Domingo (dove Luciano Gaucci, ex fidanzato della compagna di Fini con cui è in lite giudiziaria, ha vissuto a lungo) con due articoli in parte identici e anche con gli stessi errori. Di qui i sospetti che siano stati «prefabbricati». Un giudizio al quale il Pdl ha reagito attraverso i due coordinatori Ignazio La Russa e Sandro Bondi: «Chi pensa certe cose vada dalla magistratura», hanno detto con chiaro riferimento a Fini.
Silvio Berlusconi, rinfrancato anche dal voto a favore di Nicola Cosentino, intanto fa sapere di non essere disposto ad accettare «ricatti». Il Cavaliere continua a sostenere di non avere niente a che fare con la campagna portata avanti da Il Giornale e Libero (di quest'ultimo ieri ha ricevuto l'editore Antonio Angelucci). Il premier si prepara alla conta del 29, mercoledì prossimo, quando alla Camera pronuncerà il suo intervento per il rilancio dell'azione di governo. I finiani assicurano che il voto sui 5 punti non è in discussione. «Non ci sono dubbi, voteremo per rispettare il patto con gli elettori», dice il capogruppo di Fli Italo Bocchino, che però conferma che sulla giustizia il confronto è invece interrotto: «Non c'è alcuna ragione per metterci a trattare su documenti condivisi perchè la controparte fa operazione di dossieraggi falsi contro il presidente della Camera».