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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2010 alle ore 14:39.
Per un Pd che, come ama ripetere il suo segretario, è «un partito di governo che si trova temporaneamente all'opposizione», è arrivato il momento in cui il paese non può più aspettare. Di fronte alla platea del convegno di Confindustria su occupazione e competitività, Pierluigi Bersani definisce ormai «insanabile» la crisi che attanaglia il centrodestra e lancia l'offensiva per quel «risveglio italiano» perseguito dal principale partito d'opposizione al governo Berlusconi.
Un risveglio che richiede un patto sociale e la priorità assoluta al problema del lavoro. Ma, fra le priorità, non può mancare un progetto di riforma fiscale, di imminente presentazione, che dia ossigeno alle imprese e stani concretamente l'evasione fiscale. E, per un partito che aspira a riconquistare palazzo Chigi, non manca pure un messaggio rivolto agli interlocutori politici: se c'è da governare, non si può certo pensare di riesumare la vecchia Unione.
È un Bersani a tutto campo, che strappa applausi in diversi passaggi del suo intervento, quello che sale sul palco della seconda giornata del convegno genovese. «Ci vuole un patto sociale – sottolinea - dal momento che c'è un clima che suggerisce l'esigenza che tutti facciano un passo. La situazione è critica: il governo smetta di accendere fuochi. Berlusconi vada in Parlamento a dire la verità e cioè che c'è una crisi politica insanabile nel centro-destra. I passi successivi sono quelli che indica la Costituzione: si va dal capo dello Stato e ci si rimette a lui e alle Camere».
Per il segretario del Pd è giunto il momento di «rompere il muro del suono» fra la società e una politica che è sempre più «avvilente e avvilita, pericolosamente lontana dai cittadini». Bisogna affrontare i problemi e, primo fra tutti, quello che riguarda il lavoro. «Occorre lavoro – sottolinea Bersani - per le nuove generazioni, per dare spinta alle attività economiche e prospettive al paese, per scongiurare il rischio di un restringimento della base produttiva e dei servizi. La verità è che stiamo risalendo dalla crisi alla metà della velocità degli altri. Gli osservatori mondiali non chiedono all'Italia di essere la locomotiva della ripresa, ma ci chiedono solo di non andare in default».