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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2010 alle ore 08:01.
No, lui non è il genere di rapper alla Jay-Z che canta le storie tristi di New York sullo scorrere di foto glamour come quelle di Bruce Weber su Vogue. Fabrizio Tarducci, in arte Fabri Fibra, ha la testa rasata, si veste di nero, felpe e canottiere, e ha le braccia tatuate di geishe e dragoni. Con la "e" aperta di Senigallia, dove è nato, e la "s" dolce di Milano, dove è cresciuto, a 34 anni canta o meglio rappa da più di dieci la sua visione dell'Italia. Che costantemente va "contro", come "Controcultura" si chiama il suo ultimo cd, ma che va anche su nelle classifiche.
Fabri Fibra è amato, nei negozi e su iTunes le sue canzoni vanno forte e quando, raramente, appare in tv, i suoi fan lo guardano e i suoi detrattori anche. Perché una provocazione è sempre pronta a scappargli. Ancora più efficace se detta con quell'aria alla «fratello io lo so la vita vera qual è, e non è una passeggiata» e quel mix di occhi teneri e tratti scavati che caratterizza i sognatori resi cinici dall'esistenza, tipologia umana in fin dei conti piuttosto diffusa.
Oggi Fabri Fibra salirà sul palco della Woodstock di Cesena per rappare il disagio, il suo «malessere», come lo ha definito lui più volte, quello spleen che per lui deriva dal non riconoscersi in un'Italia fatta di gente che scende in piazza «solo per la Champions» e bambine «vestite già come le Bratz». E come ogni autentico rapper che non si sia perso nel vortice di limousine bianche e gioielli bling bling, usa le rime per difendere i deboli e smascherare ipocrisie, come in una Divina Commedia da iPod che in Purgatorio, invece che gli accidiosi, ospita i precari.
Fabri Fibra non parla d'amore né di temi edificanti («se c'è una cosa che odio è il rap positivo» canta in "Rap in Guerra"), ma di personaggi assetati di successo alla Noemi e alla Corona, dei politici compresi fra Berlusconi e Marrazzo, degli eroi da reality show come i "tronisti" e i cantanti di X Factor, della gente che fa le file fuori dei negozi ai saldi, delle radio e ovviamente della tv.
«Io parlo di politica non per attirare l'attenzione, ma per fare il punto generale sull'Italia del 2010», ha detto in occasione del lancio del suo ultimo cd. Un punto fissato anche con le cinque puntate di "In Italia", trasmesse su Mtv con lo stesso titolo di una sua canzone (dal video girato fra le lapidi del cimitero del Verano di Roma, a significare che l'Italia è un paese morto), dove è sceso 400 metri sotto terra con gli operai del Sulcis, ha accompagnato due ragazze rom fuori dal loro campo nomadi, giocato a calcio con una squadra di rifugiati politici e imballato i mobili delle case in rovina dell'Aquila con i traslocatori.