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Sacconi rilancia: un avviso comune sullo Statuto lavori

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2010 alle ore 08:02.

Dice di no a voto adesso perchè le elezioni «renderebbero il paese ingovernabile». E poi perchè è convinto che nei prossimi mesi ci sia molto da fare per aumentare la crescita: bene il patto per le riforme proposto dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. «In Italia c'è la disponibilità di un grande blocco sociale che ne possa condividere la responsabilità». Maurizio Sacconi respira l'aria del convegno di Genova, che ha segnato l'apertura ad una ripresa del dialogo con la Cgil. E lancia un messaggio: in questo blocco sociale la confederazione di Guglielmo Epifani ancora non c'è, «ma speriamo che possa esserci, collaborare anche con il governo». Fermo restando che il prezzo non può essere «una rinuncia a decidere o rimanere fermi».

È una delle tre condizioni che, secondo il ministro del Lavoro, assicurano che il governo potrà continuare a lavorare, insieme ad «un Consiglio dei ministri coeso che non ha avuto problemi per gli scontri del teatrino della politica» e un Parlamento «che ha una grande maggioranza che non vuole andare a votare».
Ma oltre al patto e alla questione dei contratti, dove l'obiettivo è «avvicinare di più i salari alla produttività», c'è un altro grande tema che rientra nelle riforme, di stretta attualità: un aggiustamento delle regole del mercato del lavoro. Venerdì, nella giornata di apertura, Alberto Bombassei aveva sollecitato una revisione dell'apprendistato, dei contratti a termine, del periodo di prova, sollecitando un "avviso comune" per favorire l'ingresso dei giovani.
Ieri Sacconi ha ampliato il raggio: ha chiesto alle parti, imprese e sindacati, di mettere a punto un "avviso comune" sui principi fondamentali del nuovo Statuto dei lavori, una riforma cui Sacconi tiene moltissimo, a coronamento della legge Biagi: «Bisogna cambiare l'assetto normativo, distinguendo le regole inderogabili da quelle che possono essere adattate, dai percorsi di carriera al salario». L'avviso comune tra le parti «prenderebbe oggi tempo, ma ne farebbe guadagnare nel percorso parlamentare di approvazione». In una logica di sussidiarietà delle parti sociali che dovrebbe estendersi, secondo Sacconi, dalla formazione, al collocamento, all'uso dello 0,30% del monte salari di cui dispongono gli enti bilaterali anche per la politica attiva del lavoro.

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Tags Correlati: Alberto Bombassei | Cina | Cisl | Consiglio dei Ministri | Emma Marcegaglia | Fabrizio Chicchitto | Fiat | Guglielmo Epifani | Italia | Luigi Abete | Maurizio Sacconi | Pd | PDL | Salari e stipendi | Statuto | Uil | Umberto Bossi

 

Sul tavolo, in evidenza, c'è sempre la questione dei contratti. Epifani ha parlato ieri di contratti nazionali più grandi, meno rigidi, e di dare più spazio al secondo livello. Sacconi apprezza ma puntualizza: «più il contratto nazionale è invasivo nella dimensione salariale e normativa, meno si libera spazio sulla contrattazione aziendale». Con la riforma del 2009 è stato fatto un passo avanti, «ma ne occorrono altri per avvicinare il salario alla produttività».

L'esempio positivo da seguire è il caso della Fiat di Pomigliano. E Sacconi se la prende con gli attacchi della sinistra, citando le frasi del segretario del Pd, Pierluigi Bersani, del governatore della Puglia, Nichi Vendola: «La Fiat non ha chiesto soldi pubblici, ha fatto un atto di fiducia nel Sud, ha puntato sulle persone», raggiungendo l'obiettivo di una maggiore produttività. «È l'esempio pratico di quello slogan meno stato, più società che Bersani mi critica». Come ha detto nella tavola rotonda il past president di Confindustria, Luigi Abete, i lavoratori di Pomigliano avranno 260 euro al mese in più. «Tassati al 10% secco», ha rimarcato Sacconi.
Sul patto d'autunno, secondo Sacconi il nodo non è tanto su quanto la Cgil possa essere più vicina a Confindustria, «ma quanto si avvicinano tra loro Cgil, Cisl e Uil».
Su un aspetto, comunque, il ministro è stato d'accordo ad una precisa richiesta che Epifani gli ha lanciato da palco: estendere la cassa integrazione in deroga, che scade a fine anno, anche nel 2011. Ma non ha mancato di rivolgergli una battuta: il leader della Cgil ha raccontato di come fosse stato impressionato dalla capacità dei vertici della zona franca di Shanghai di progettare il futuro. «Mi sarei aspettato che fosse stato colpito dall'assenza del sindacato. È quello che a me ha colpito di più. Sto pensando di proporre una seconda vita ad Epifani in Cina, per abbassare la competitività di quel paese».
Ieri dalla maggioranza sono arrivati due repliche alle parole di Emma Marcegaglia. Fabrizio Chicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, ha osservato che non basta criticare il governo e che la bassa produttività «dipende anche dai limiti tecnologici e manageriali di una parte delle nostre imprese», mentre Umberto Bossi ha detto che «questo governo ha dimostrato di saper fare ed è quindi già qualcosa in mezzo a tanti parlatori».

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