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Milano, Torino e le altre. La città metropolitana è solo virtuale. Nessuna delle 9 aree ha avviato l'iter

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2010 alle ore 08:04.

Nella legge sul federalismo fiscale sono citate 38 volte, ma neppure i più attenti lettori delle cronache politiche ne avranno trovato traccia: le città metropolitane, per ora, restano un ente virtuale.

Finora nessuno dei sindaci interessati ha avviato la procedura per la loro istituzione. Eppure, non si può dire che le città metropolitane siano una novità. Previste già nel 1990 dalla legge 142, hanno avuto un riconoscimento costituzionale nel 2001, con la riforma del titolo V, e adesso sono inserite nel processo di costruzione della fiscalità locale.

Secondo la carta delle autonomie – che attende l'ok del Senato dopo quello della Camera – i nuovi enti diventeranno una sorta di super-provincia, in grado di gestire e coordinare tutti quei servizi che oggi sfuggono ai confini comunali: metropolitane, tangenziali, raccolta dei rifiuti, zone industriali e così via.

Di sicuro, al momento, c'è che le norme sul federalismo approvate dal parlamento l'anno scorso individuano nelle regioni a statuto ordinario nove aree metropolitane: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Torino e Venezia. Fuori dall'elenco Roma, per la quale dieci giorni fa sono stati definiti i "superpoteri" connessi allo status di capitale.

Proprio l'assenza di un catalogo dettagliato di funzioni – insieme al nodo delle risorse – è una delle ragioni che finora hanno frenato la costituzione dei nuovi enti. A parte le discussioni e i progetti in fase di studio (si veda anche l'articolo in basso), al momento neppure all'Anci, l'associazione dei comuni, risultano iniziative politico-istituzionali strutturate.

Il meccanismo transitorio delineato dalla legge, d'altra parte, prevede che l'iniziativa parta dal territorio, e fissa livelli minimi di partecipazione: se capoluogo e provincia non si mettono d'accordo, serve almeno il 20% dei comuni e il 60% degli abitanti (un requisito che, quasi sempre, rende indispensabile il consenso del centro più importante). Dopodiché, si dovrebbe svolgere un referendum confermativo tra i cittadini, per il quale – peraltro – non è ancora stato emanato il regolamento.

Solo a questo punto entrerà in gioco il governo centrale, chiamato a emanare un decreto legislativo che istituisca la città metropolitana e ne definisca gli organi provvisori, in attesa dell'assetto definitivo. Ecco allora spiegato il circolo vizioso: il governo non è tenuto ad attivarsi, e il territorio per ora non è incentivato ad avviare iniziative concrete.

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A luglio alcuni presidenti delle province interessate si sono radunati a Milano ed è allo studio un piano di lavori comune coordinato dal milanese Guido Podestà. «A Milano la città metropolitana si farà, ma se ne parlerà dopo l'Expo del 2015 – spiega Podestà –. Il suo territorio coinciderà con quello della provincia».

La delimitazione geografica è il primo punto da affrontare, perché non tutte le realtà hanno la compattezza di Milano. La città metropolitana di Torino, ad esempio, non potrebbe includere tutti i 315 comuni della provincia. E dato che il nuovo ente andrà a sostituire la provincia, bisognerà decidere a quali province vicine assegnare i comuni rimasti fuori. Per tracciare il perimetro ottimale, Luigi Cesaro, presidente della provincia di Napoli, sta per istituire commissioni di urbanisti, economisti ed esperti di mobilità. «Tra i problemi specifici – osserva – ci sono l'enorme concentrazione esistente alle falde del Vesuvio, dove altissimo è il fenomeno dell'abusivismo, e lo sviluppo di comuni senza soluzione di continuità nell'area nord di Napoli».

Altro aspetto decisivo è il termine delle legislature, perché sarà più facile dar vita ai nuovi enti dove il mandato di sindaco e presidente provinciale scade nello stesso momento. Altrimenti, in alternativa a un lungo regime transitorio, resterebbe solo la via delle dimissioni. Delle nove aree interessate, rileva l'Unione delle province italiane (Upi), ce ne sono solo tre in cui si verifica questa coincidenza: Reggio Calabria (già nel 2011), Genova (2012), Bari e Firenze (entrambe nel 2014).

In uno scenario così incerto, resta almeno un punto fermo: il 21 maggio 2011, data entro cui dovrà essere emanato il decreto legislativo sulle modalità di finanziamento delle città metropolitane. Al momento, però, le priorità della commissione sul federalismo sono altre, a partire dalla definizione dei costi standard di regioni e province. Di città metropolitane si parlerà solo in un secondo tempo. Né si può pensare che la sola definizione delle risorse finanziarie – in assenza delle funzioni – possa risvegliare l'attenzione degli enti locali.

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