Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2010 alle ore 08:29.
Sulle tariffe e in particolare sulla loro inderogabilità si scontrano professionisti, ordini, clienti, pubbliche amministrazioni e Garante della concorrenza; emanano sentenze i giudici civili (se si discute dei pagamenti) e amministrativi (in materia di appalti di servizi). Infine, vi sono aspetti deontologici giudicati dagli ordini professionali, con sanzioni impugnabili sino in Cassazione.
L'inderogabilità (nei minimi) ruota intorno all'articolo 2 del decreto legge 223/2006 (convertito nella 248) che abroga l'obbligatorietà delle tariffe professionali fisse o, appunto, minime.
Gli interventi più recenti dell'Antitrust riguardano gli psicologi (dicembre 2009), i geologi e gli operatori pubblicitari (giugno 2010). Seppur disomogenee, tali categorie hanno dovuto escludere l'obbligatorietà delle tariffe per uno stesso comune: perché l'inderogabilità limita la concorrenza.
L'unico aspetto per cui l'applicazione di tariffe inferiori al minimo assume rilevanza è la combinazione di queste ultime con una serie di condotte ritenute disdicevoli e lesive del decoro professionale, quali la sottofatturazione, la concorrenza sleale, il ricorso a procacciatori e la stipula di convenzioni gratuite. In questo senso vi è un segnale del Tar Lazio (decisione 30580/2010; si veda Il Sole 24 Ore del 31 agosto) che ha ritenuto legittimi controlli di tipo deontologico su elementi complessi, quali gli orari e le modalità di prestazione professionale, se tali controlli possono collegarsi alla scorretta applicazione di tariffe eccessivamente ridotte (nel caso in questione, da parte di notai).
Ma se si discute dei soli minimi tariffari, senza cioè valutare altri elementi di concorrenza sleale, non sono possibili sanzioni disciplinari. Per tale motivo, non sono ritenuti illeciti i comportamenti di professionisti (avvocati) che, a rotazione, offrono consulenza gratuita collaborando con un comune, se i professionisti hanno accettato di lavorare in pool e di non assistere i clienti cui si è resa consulenza gratuita (si veda Il Sole 24 Ore Centro nord del 22 settembre).
Nei rapporti tra privati si era liberi, anche prima dell'entrata in vigore del decreto legge 223/06, di concordare il compenso professionale, pure in deroga ai minimi (sentenza della Cassazione 21235/2009). Ciò perché la legge 340 del 1976 sull'obbligatorietà delle tariffe (degli ingegneri) non esprime un precetto riferibile a un interesse generale, cioè dell'intera collettività, ma solo della categoria professionale. In conseguenza, se vi è un patto su quanto dovuto al professionista, va rispettato l'importo concordato, anche se inferiore ai minimi di tariffa. Nei rapporti con pubbliche amministrazioni, sono frequenti contestazioni relative a gare per incarichi tecnici, con bandi che valutano anche l'offerta economica. L'orientamento più recente (decisione del Consiglio di Stato 1342/2009) esclude l'inderogabilità delle tariffe degli ingegneri, anche se il bando (nel caso esaminato, per una ristrutturazione di un edificio universitario) prevede, oltre alle prestazioni progettuali, anche prestazioni speciali (coordinamento e piano per la sicurezza). I giudici danno rilievo al decreto Bersani (248/2006), condividendo l'orientamento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (provvedimento 4/2007). Inoltre, hanno sottolineato che la stessa evoluzione legislativa dimostra – eliminando l'inderogabilità prevista dall'articolo 92 del codice dei contratti pubblici con gli interventi del 2007 (decreto legislativo 113) e del 2008 (decreto legislativo 152) – il recepimento dei principi posti dall'43 (libertà di stabilimento) e 49 (libera prestazione dei servizi) del trattato Ue.