Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 08:06.
PARIGI - Anche se all'appello mancano ancora 5,3 miliardi del gruppo Bpce (Banche popolari e Casse di risparmio), l'intervento pubblico a sostegno delle grandi banche è una pratica chiusa ormai da tempo, con un guadagno per lo stato che la Corte dei conti ha stabilito in oltre due miliardi. La pratica era stata aperta nell'ottobre del 2008, con la decisione di costituire una Sppe (società di prese di partecipazione) incaricata di iniettare 19,7 miliardi di liquidità nelle casse dei cinque principali istituti di credito attraverso l'emissione di titoli ad hoc avvenuta in due tranche, il 12 ottobre e il 1° settembre.
Questa la distribuzione: 7 miliardi a Bpce, 5,1 a Bnp Paribas, 3,4 a Société Générale, 3 al Crédit Agricole e 1,2 al Crédit Mutuel. La remunerazione per lo stato venne fissata all'8,2% e per la «restituzione» si parlò allora di un periodo compreso tra inizio 2010 e fine 2013.
Le cose sono poi andate decisamente meglio del previsto, il mercato è ripartito e già un anno fa, il 29 settembre 2009, Bnp annunciò per prima l'intenzione di procedere rapidamente al rimborso. Nel giro di un mese gran parte della somma sborsata dallo stato era rientrata, con relativi interessi, nelle casse del Trésor public.
«Alla fine - dice Pierre de Lauzun, direttore della Federazione bancaria francese - il bilancio è positivo per tutti. L'importante è che, caso Dexia a parte, non si parli di piano di salvataggio delle banche. Le quali, almeno in Francia, non avevano alcun bisogno di essere salvate. Il problema non era nel sistema bancario ma nel mercato, che si era bloccato. Certo - aggiunge de Lauzun - tecnicamente avremmo anche potuto rifiutare la costosa mano tesa dello stato, ma le pressioni politiche erano forti e si può capire».
Ma tutto questo appartiene, appunto, al passato. Il presente è la polemica sulla tassa bancaria finalizzata a prevenire i rischi di crisi bancarie sistemiche. Il ministro dell'Economia Christine Lagarde non ha lasciato margini di trattativa: la tassa sarà di 504 milioni nel 2011, 555 nel 2012 e 810 nel 2013, man mano che aumenteranno i vincoli di Basilea in termini di mezzi propri. E i banchieri sono ovviamente infuriati: «Abbiamo l'impressione - dice ancora de Lauzun - che da parte del potere politico ci sia una sorta di accanimento contro le banche. Che, almeno in Francia, non ci pare motivato».