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Berlusconi tenta la prova di forza. «È giunto il momento di fare chiarezza»

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 23:49.

La notizia la annuncia il ministro Vito al termine del vertice pomeridiano del Pdl a Palazzo Grazioli: il governo porrà la fiducia sul discorso del premier. Dopo settimane di annunci e smentite sulla blindatura dei cinque punti programmatici per rilanciare la maggioranza, Silvio Berlusconi opta per la prova di forza. «È giunto il momento di fare chiarezza. E la chiarezza ora è da privilegiare rispetto a un mero calcolo numerico» ha spiegato ai vertici del partito riuniti nella sua residenza romana mentre si rincorrevano le dichiarazioni dei finiani che ponevano le loro condizioni per il sì.

Al premier è fin troppo chiaro che porre la fiducia rappresenta un rischio «ma serve ad evitare giochi e giochini – è stato il suo ragionamento – perché così facendo è chiaro che se non ci sono i voti si va tutti a casa». L'appuntamento è per le 11 a Montecitorio: nell'aula della Camera, sotto l'occhio di tutte le tv, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si ritroveranno faccia a faccia dopo mesi di polemiche a distanza. I finiani annunciano che voteranno sì se «toni e contenuti» lo consentiranno. Se invece dovessero esserci passaggi indigesti il presidente della Camera riunirà i suoi e deciderà il da farsi.

Un atteggiamento di apertura al premier che, tuttavia, lascia in piedi tutte intere le riserve del gruppo di Futuro e libertà nei confronti della linea del Cavaliere. A cominciare dalla "lettura" del voto di fiducia, interpretata come un segno di debolezza piuttosto che di forza. «Evidentemente – sostiene il deputato di Fli Fabio Granata – Berlusconi sapeva di non avere i numeri e così, mettendo il voto di fiducia ha tagliato la testa al toro. La fiducia al governo noi ovviamente la voteremo». Tradotto: la fiducia serve al premier per evitare la conta.

E i boatos dalla riunione di maggioranza raccontano di una decisione, quella di porre la fiducia, presa anche per il timore che il voto sulla risoluzione firmata da Pdl e Lega non ottenesse quota 316 (la maggioranza assoluta). Un'ipotesi diventata sempre più verosimile dopo l'annuncio dei finiani di un controdocumento su cui potevano convergere i voti di tutti i gruppi candidati a costituire il cosiddetto "terzo polo". In particolare, avrebbe pesato l'annuncio dell'Mpa di esser pronto a votare insieme ai finiani. Un "passaggio di campo" che avrebbe sterilizzato i molti cambi di casacca dell'ultim'ora in favore del Pdl, dai cinque Udc ai due Api.

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Gianfranco Fini | Governo | Lega | Montecitorio | Movimento per l'Autonomia | Pd | PDL | Pier Luigi Bersani | Roberto Calderoli | Silvio Berlusconi | Udc | Umberto Bossi

 

Cambi fortemente stigmatizzati ieri dal leader Pd Pier Luigi Bersani che sulla presunta compravendita di deputati va giù durissimo: «È corruzione, roba da magistratura».
Resta poi lo scontro sulle parole di Umberto Bossi che, dopo aver tradotto Spqr con un «sono porci questi romani» e aver provocato la sollevazione degli esponenti capitolini del Pdl, ieri ha rincarato la dose: «Quelli che ci attaccano sono dei sepolcri imbiancati». Inevitabile allora la presa di posizione del premier che pur parlando di una battuta ha bacchettato in modo diretto il senatur: «I ministri devono tenere un comportamento sempre doverosamente istituzionale».

L'opposizione però non ha perdonato: il Pd ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti di Bossi e su di essa ha compattato anche l'Udc. Fli sta riflettendo sul da farsi. Un'altra miccia accesa nel percorso a ostacoli che la maggioranza ha dinanzi. Non sarà un caso se in serata il ministro Roberto Calderoli si è lasciato sfuggire un pronostico non eccessivamente ottimista: «Al 75% si va a votare, al 25% si va avanti».

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