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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 12:09.
Per Gianfranco Fini «fare politica da presidente della Camera, di fatto, è un freno». Lo afferma Alessandro Campi, direttore scientifico della Fondazione FareFuturo, in una intervista al Foglio. «La follia - spiega Campi - è cominciata con il 29 luglio e la cacciata di Fini dal Pdl. Ma è arrivato il momento di superare lo stordimento iniziale.
Preso atto che nella creatura berlusconiana non si è potuto fare politica, allora le alternative non sono troppe: se Gianfranco Fini vuole prendere sul serio se stesso e quello che ha detto in questi anni, dovrebbe abbandonare il limbo dei gruppi parlamentari che offre il fianco a chi lo accusa di oscure trame di Palazzo; dovrebbe fondare un proprio partito investendo tutto se stesso in questa operazione; dovrebbe di conseguenza dimettersi da presidente della Camera e non per le torbide e risibili accuse intorno a Montecarlo, ma per riacquistare libertà di tono e di movimento, Fini dovrebbe, insomma, tornare più esplicitamente, ma fuori del Pdl, a combattere la propria battaglia di rinnovamento in stile europeo e modernizzatore del centrodestra».
«Dovrebbe riuscire - aggiunge Campi - una manovra che restituisca senso politico a questa aspra contesa che si è trasformata in una questione personale dalle sfumature poco limpide», «guidare una formazione ambiziosa, come sono ambiziose le idee che Fini ha fatto proprie in questi anni, richiede tempo, libertà d'espressione e di movimento. Creare e guidare direttamente un partito significa scegliere con accuratezza gli uomini e la classe dirigente, significa parlare in chiave politica, e non solo istituzionale, con il tuo potenziale elettorato. Fare politica da presidente della Camera, di fatto, è un freno»