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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 08:04.
LONDRA - Si risolverà in un grande affare. La «nazionalizzazione» delle banche inglesi travolte dal credit crunch, o meglio l'iniezione di miliardi pubblici nel capitale delle banche più a rischio per la stretta creditizia del 2008, comincia ad assumere contorni molto diversi da quello che si erano immaginati nei turbolenti giorni dell'autunno di due anni fa. Il caso più evidente è quello di Lloyds Group, il colosso del retail nato dalla fusione fra Lloyds tsb e Hbos (a sua volta prodotto dell'incontro fra Hailfax e Bank of Scotland).
Quello che fu salutato come uno sciagurato merger per gli azionisti Lloyds, indotti a sobbarcarsi la fortissima esposizione agli asset tossici in pancia alle banche scozzesi entrate nel mirino degli hedge fund nei giorni in cui crollava Lehman, comincia a pagare. Dai numeri diffusi da Ukfi, l'istituto pubblico che gestisce le partecipazioni per conto del Tesoro, risulta che il prezzo medio di carico delle azioni Lloyds è di 63,1 pence. Venerdì il titolo Lloyds ha chiuso a 76,6 pence portando l'investimento complessivo dello Scacchiere attorno ai 21 miliardi di sterline pari al 40,6% del capitale. La plusvalenza teorica appare consistente, nell'ordine di qualche miliardo di sterline (3 circa), anche se è calcolo che non considera una serie indefinita di costi e spese correlate.
Più lontana è la performance di Royal Bank of Scotland. Il costo per il Tesoro, secondo i dati Ukfi, va fissato in 50,2 pence per azione, risultante di un complesso calcolo che considera i successivi interventi pubblici sul capitale, ma non le fee versate allo stato (in questo caso il valore di carico scenderebbe a 49,9 pence per azione). Venerdì il titolo Rbs ha chiuso a quota 49,2, a un'apparente incollatura, seppure milionaria, dal pareggio. Anche in questo caso costi accessori potrebbero mascherare, parzialmente, i numeri.
Aggiustando gli addendi il risultato globale dell'operazione, in realtà, non cambia. Il trend è, infatti, tracciato e conduce verso una performance che promette di essere progressivamente positiva. Se davvero il peggio è passato, infatti, i valori dei titoli sono destinati ad assestarsi su livelli maggiori. A beneficio del Tesoro o meglio dei contribuenti, come ricordano sempre i politici britannici.