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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 10:46.
Il Seveso è il terzo fiume più inquinato d'Europa. Per l'Unione europea arriva subito dopo il Sarno e il Lambro. Per la Lombardia è un pessimo record: due fiumi su tre, in questa classifica poco virtuosa sullo stato delle acque del Vecchio continente, scorrono sul territorio lombardo.
La causa è l'inadeguatezza della depurazione delle fognature, se non addirittura la totale mancanza di depurazione. I comuni che scaricano le acque reflue nel Seveso sono 46, situati nelle province di Como, Milano e Monza e Brianza (tra cui le stesse città di Milano e Como), e per qualcuno di questi è già scattata la procedura di infrazione attivata dalla Commissione europea.
Si tratta di Lentate sul Seveso (Monza e Brianza), Cesano Maderno, Melegnano, Paderno Dugnano e San Giuliano Milanese (nella provincia di Milano). Per questi piccoli centri l'accusa mossa dall'Europa è di non mettere in atto nessun trattamento nella rete fognaria e di scaricare direttamente nel fiume. L'inquinamento è in gran parte dovuto alle utenze civili.
In tutta la Lombardia, per ora, sono 134 i comuni sotto la lente dell'Europa, ma fonti ben informate ritengono che questo numero dovrebbe rapidamente salire.
Secondo quanto contestato dalla Commissione europea, gli enti in infrazione hanno accumulato un ritardo di oltre 10 anni da quando l'Europa chiedeva l'installamento di impianti di purificazione adeguati per le acque reflue. A stabilirlo era la direttiva europea del 1991, che imponeva agli Stati membri di mettersi in regola entro il 1998. Di fronte al mancato rispetto della norma, la Commissione ha deciso di intervenire avviando una procedura di infrazione contro l'Italia, cioè una sorta di richiamo a cui fanno seguito dei controlli per valutare se le opere richieste vengono realmente messe in cantiere.
Se l'infrastrutturazione non verrà eseguita la Commissione si appellerà alla Corte di giustizia. La condanna prevista è il pagamento di 20 milioni più 200mila euro per ogni giorno di ritardo dal momento della sentenza.
Tecnicamente l'Europa sanziona il ministero italiano all'Ambiente. Il quale, avvalendosi di una legge nazionale, scarica il problema sulle regioni, che però, a loro volta, girano gli oneri alle Ato e ai comuni che le compongono.