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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 13:12.
L'uomo che ha infranto il tabù, attaccando il Cremlino come nessuno finora, intende portare la ribellione ancora più lontano: in tribunale. L'ex sindaco di Mosca Jurij Luzhkov, destituito martedì da Dmitrij Medvedev, ha fatto sapere a un amico che intende fare ricorso contro il presidente russo, e già i giuristi si interrogano sulle modalità di una causa senza precedenti, da affrontare in sede di Corte Suprema. «Ho detto a Luzhkov che non sarebbe assolutamente utile, e tuttavia lui è un uomo di principi: con tutta evidenza andrà avanti», ha spiegato all'agenzia Interfax l'amico Josif Kobzon, un cantante spesso chiamato "il Frank Sinatra russo".
Nell'attesa, Luzhkov affila le armi a mezzo stampa. In una lettera pubblicata dal settimanale New Times, l'ex sindaco ha parlato addirittura di un ritorno della Russia a una dittatura di stampo staliniano, mettendo in dubbio la sincerità di Medvedev nel suo impegno per rafforzare la democrazia. Parole che un po' stridono in bocca a un uomo che ha sempre ordinato di reprimere le manifestazioni dell'opposizione nella capitale: quando, il 31 di ogni mese, vengono organizzate dimostrazioni di protesta - mai autorizzate - per ricordare l'articolo 31 della Costituzione russa, che sancisce il diritto dei cittadini a riunirsi pacificamente e a manifestare.
Luzhkov attacca l'abolizione delle elezioni dirette dei governatori e dei sindaci delle grandi città, Mosca e Pietroburgo. Una legge introdotta però da Vladimir Putin, nel 2005, per rafforzare la verticale del potere che ora ha due teste, primo ministro e presidente, Putin e Medvedev. La sfida di Luzhkov in realtà è diretta soltanto a quello che appare l'elemento più debole del tandem, l'ex sindaco è molto attento a non attaccare direttamente Putin. Il quale è altrettanto prudente nei confronti di Luzhkov: martedì il premier ha appoggiato la decisione di Medvedev - che ha spiegato di non potersi più fidare del signore di Mosca - ma senza slancio, ribadendo la stima per il lavoro compiuto in 18 anni alla guida della capitale. Ma se la battaglia ora si farà più dura, a Medvedev servirà un aiuto più solido da parte di Putin, per non uscirne indebolito. A meno che l'asse tra i due non si stia davvero incrinando.