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Sorrisi, battute e tanta grinta. L'Europa del golf si affida all'esperienza di Colin Montgomerie

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 17:37.

Un uomo da 24 milioni di euro. È la cifra record che Colin Montgomerie, 47 anni, scozzese di Glasgow, ha guadagnato in ventidue anni di carriera (senza contare ingaggi e sponsorizzazioni) giocando 499 tornei del circuito professionistico europeo.

Un gioco che, ha calcolato lui stesso, gli ha fruttato 194 euro per ogni colpo tirato, e per otto stagioni tra il 1993 e il 2005 lo ha portato ad essere il numero uno del Vecchio Continente. Ma se oggi Monty, com'è internazionalmente conosciuto, è in Galles in veste di capitano della squadra europea di Ryder Cup, non è per una questione di soldi (vinti). Piuttosto, per la sua straordinaria esperienza come giocatore dell'incontro Europa-Stati Uniti: otto partecipazioni consecutive dal 1991 al 2006 e un apporto totale di 23,5 punti, solo uno e mezzo meno del record dell'inglese Nick Faldo, che alla Ryder Cup ha partecipato undici volte. E che, per inciso, è stato il contestato capitano della scorsa edizione disputata al Valhalla Golf Club, nel Kentucky, dove l'Europa fu travolta dal team a stelle e strisce per 18,5/9,5.

Inevitabili i processi post-sconfitta per Faldo, che ora tornano d'attualità nel confronto con il suo successore. «Due anni fa mancava la scintilla nella team-room», dice l'irlandese Graeme McDowell, vincitore dello US Open e uno dei sei componenti della squadra europea ad avere già giocato il match. «Non c'era l'X Factor», rivela, «solo il sabato sera, alla vigilia degli incontri singoli, José Maria Olazabal, che era uno dei vice di Faldo, tenne un discorso forte, che diede una grande carica ad ognuno di noi: ma ormai era tardi. Penso che l'Europa con Monty abbia molte più chance di vincere».

Tanto è tacciato il baronetto Sir Nick di non aver saputo ispirare la squadra, quanto – un po' inaspettatamente – raccoglie complimenti e benevolenza il capitano 2010, famoso per essere stato stizzoso e irritabile in campo negli anni d'oro; ma che, al momento della Ryder Cup, ha sempre subito una radicale trasformazione caratteriale: sorrisi, battute col pubblico e tanta grinta da vendere – quella che gli mancava per vincere i Major (Masters, US Open, British Open e Pga Championship), trofei sfuggiti per un soffio in più occasioni. Al Monty giocatore, il match biennale piaceva un sacco e lo si vedeva dai risultati; l'impegno che ci sta mettendo il Monty capitano promette altrettanto bene. «Tre giorni dopo essermi guadagnato il posto in squadra, due anni fa, Faldo non mi aveva ancora chiamato», continua McDowell, «e durante la cerimonia d'apertura, presentando il team mi chiese se fossi dell'Irlanda del nord o del sud. Con Monty le cose sono completamente diverse: abbiamo parlato molto e mi ha chiamato dopo il mio bel risultato in Austria, due settimane fa, per complimentarsi. È un uomo molto organizzato e preciso, non lascia nulla al caso: ha studiato quello che era successo a Valhalla per non ripetere gli stessi errori». «Amo la formula della Ryder Cup e la competizione che genera - spiega Montgomerie - e nella vita se ti piace quello che fai, di solito ti riesce anche molto bene. Cercherò di trasmettere questo piacere alla mia squadra in modo che si divertano e che giochino tirando fuori tutto il loro potenziale».

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