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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 20:48.

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Ecuador: l'esercito ferma il golpe della polizia e libera il presidenteEcuador: l'esercito ferma il golpe della polizia e libera il presidente

Il governo dell'Ecuador ha dichiarato lo stato di emergenza nel paese, dopo che un gruppo di militari e poliziotti ha occupato l'aeroporto di Quito e il palazzo del Congresso.
Il presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, ha accusato i poliziotti ribelli di aver progettato di ucciderlo. Poche ore fa Correa era stato messo in salvo da un blitz militare che ha rotto l'assedio di poliziotti ribelli attorno all'ospedale in cui si trovava il capo di Stato. Correa era stato ricoverato dopo essere stato ferito durante una manifestazione ma si è poi trovato nella condizione di ostaggio per circa dodici ore. Il capo della polizia ecuadoregna si è dimesso dopo il golpe fallito. Non è ancora finita.

L'esercito ecuadoriano ha liberato il presidente dopo una giornata di altissima tensione. Una giornata che si salda col bilnacio di almeno due morti e oltre settanta feriti stando ai dati forniti dalla croce rossa. Per alcune ore i golpisti sono sembrati molto vicini a prendere il controllo del paese: hanno occupato alcune caserme, catturato e aggredito Correa (il quale a un certo punto, secondo il racconto dei giornali online, prima di essere portato in salvo con una maschera anti gas tra i lacrimogeni, si è tolto la camicia e a torso nudo ha gridato ai poliziotti-golpisti: «Volete ammazzare il vostro presidente. Fatelo!»), circondato l'ospedale in cui era stato ricoverato, preso il controllo del principale aeroporto della città e di alcune emittenti televisive, per protestare contro le misure economiche che tagliano i loro stipendi e privilegi in un paese in cui la maggior parte della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. La protesta-golpe dei poliziotti si è scontrata però con la reazione popolare e dell'esercito: i sostenitori del capo di stato sono scesi in piazza a difesa del governo e le forze armate sono rimaste fedeli all'esecutivo. Quando un commando militare ha fatto irruzione nell'ospedale in cui si trovava Correa e ha liberato il capo di stato, per i golpisti la situazione è inevitabilmente precipitata.

Nel corso dell'azione c'è stato in violento scontro a fuoco tra forze dell'ordine e poliziotti che ha provocato almeno due vittime, 5 secondo altre fonti e decine di feriti. I rivoltosi, riportano i media locali, non hanno esitato a sparare anche contro il furgone sul quale è stato trasportato in salvo Correa. Il presidente si è recato al palazzo di governo, dove ha trovato ad accoglierlo una folla di sostenitori che gli hanno espresso il proprio appoggio. Correa ha ringraziato tutti i presenti, i militari rimasti fedeli al governo e la comunità internazionale per il sostegno immediato offerto alle istituzioni democratiche ecuadoriane.

Attaccando i rivoltosi, il presidente ha ribadito che la sua linea continuerà a essere quella del dialogo, ma che non sarà con questo tipo di pressioni che si otterrà da lui a dal suo governo un cambio di posizione. Correa ha spiegato ai presenti di essersi recato sul luogo della protesta della polizia, scesa in piazza per chiedere la modifica di una serie di provvedimenti ritenuti penalizzanti dal punto di vista economico per il corpo, per cercare un confronto, ma di aver ricevuto «una pugnalata nella schiena». Il capo di stato ha quindi accusato alcuni settori dell'opposizione di aver soffiato sul fuoco della protesta, fino ad arrivare al tentativo di golpe. «Non si è trattato di una legittimo reclamo salariale - ha attaccato -, ma di un chiaro esempio di cospirazione» dietro il quale ci sarebbe l'ex presidente Lucio Gutierrez. «Senza dubbio questo è il giorno più triste da quando sono presidente» ha poi sottolineato, chiedendo un minuto di silenzio per le vittime e sostenendo che la sollevazione di ieri «ha rischiato di riportare il paese indietro di secoli». Il governo ha decretato lo stato di emergenza per una settimana e l'ipotesi di sciogliere le camere e convocare elezioni anticipate, ventilato nel corso della giornata, rimane un'ipotesi possibile.

Il tentativo di colpo di stato è stato unanimemente condannato dalla comunità internazionale, e i presidenti dei paesi Unasur (unione delle nazioni sudamericane) si stanno recando a Buenos Aires per una riunione straordinaria in cui discutere della situazione nel paese andino. Nella capitale argentina sono arrivati i capi di stato di Cile, Sebastian Piñera, Bolivia, Evo Morales, Perù, Alan Garcia, e stanno arrivano il venezuelano Hugo Chavez e il colombiano Juan Manuel Santos. presenti anche, ovviamente la "presidenta" argentina Cristina Fernandez Kirchner e suo marito Nestor, attuale segretario generale dell'organizzazione. Morales ha lanciato la proposta di una visita a Quito da parte di tutti i presidenti presenti nella giornata di oggi o di domani per mostrare l'appoggio regionale a Correa. La solidarietà internazionale al governo ecuadoriano è arrivata però da tutto il mondo, dall'Europa come dagli Stati Uniti, fino ad arrivare a Honduras, paese il cui governo non è riconosciuto dall'Ecuador dopo che lo scorso anno il presidente eletto Manuel Zelaya è stato destituito dalle forze armate. Tramite il suo account su twitter il governo ecuadoregno sta inviando aggiornamenti sulla situazione.

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