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Berlusconi: maggioranza più forte

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2010 alle ore 08:05.


ROMA
Dopo il voto di fiducia della Camera con i numeri – decisivi per la maggioranza – dei finiani, ieri è stato il giorno della distensione fra Berlusconi e le truppe del presidente della Camera. «Anche chi ha fatto una scelta dolorosa di separazione dal Popolo della libertà ha votato la fiducia. E tutti svolgeranno con lo spirito costruttivo e leale di sempre il loro mandato parlamentare» ha scandito il premier nel suo discorso al Senato dove ha incassato la fiducia con 174 sì e 129 no.
Il riconoscimento formale della «terza gamba» finiana della coalizione, a lungo chiesto dall'inquilino di Montecitorio ma in passato sempre negato, è dunque arrivato ieri nell'aula di Palazzo Madama ed è stato affiancato da una apparente presa di distanza dai giornali autori dell'inchiesta sulla casa di An a Montecarlo che per tutta l'estate ha tenuto sulla graticola Gianfranco Fini: «Quei giornali – si è lasciato andare il premier – forse ci fanno più male che bene». In serata il ministro Angelino Alfano si spinge addirittura a dire: «Sarebbe naturale andare a elezioni insieme con Fli».
Nelle parole pubbliche di Berlusconi l'ottimismo trionfa e l'eventualità di elezioni imminenti sembra ormai tramontata: «La Camera – esordisce il Cavaliere parlando al Senato – ha confermato la fiducia al governo con una maggioranza più ampia e articolata». Dunque: «Per l'Italia si deve aprire una grande stagione di crescita nella democrazia, nella sicurezza e nella libertà. Le riforme saranno il tema del lavoro da qui alla fine della legislatura». Uno scenario apparentemente condiviso anche da Umberto Bossi. Se nei giorni scorsi il Senatur si è distinto come il più propenso a imboccare la strada delle urne, ieri ha tranquillizzato i cronisti: «Ormai è passata la fiducia. Non si vota adesso, ma non si può più sbagliare». Quanto ai finiani, pur riconoscendo la necessità dei loro voti per raggiungere l'autosufficienza alla Camera, il leader leghista si è detto fiducioso sulla lealtà alla coalizione perché «hanno paura tutti di andare al voto».
Il discorso mattutino di Berlusconi è filato liscio in un'aula poco reattiva. Lo stesso premier è stato fotografato, più tardi, durante gli interventi dei capigruppo, con un'aria decisamente assonnata. Più vivace l'intervento di replica pomeridiano. «Stamattina qui si dormiva – ha ammiccato ironico il presidente del consiglio prima di iniziare – adesso ci divertiamo un poco».

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Tags Correlati: Angelino Alfano | Barack Obama | Berlusconi | Camera dei deputati | G8 di Genova | Gianfranco Fini | Italia | Montecitorio | Palazzo Madama | Pd | PDL | Rosa Russo Jervolino | Senato | Umberto Bossi

 

Così ha preso le mosse un dettagliato elenco di traguardi di politica estera che in più occasioni ha portato il premier vicino all'incidente diplomatico. Berlusconi rivendica di aver intimato a Barack Obama di non presentarsi al G-8 dell'Aquila senza un accordo per il disarmo con la Russia; di aver impedito alle truppe russe di occupare Tbilisi dove avrebbero «appeso il presidente georgiano all'albero più alto». Rifiuta l'accusa (rivoltagli fra gli altri anche da Fini) di essersi «inginocchiato» a Gheddafi e sostiene che Washington ha deciso di aiutare le banche grazie ai suoi consigli. Sul fronte interno si difende dall'accusa di aver abbandonato Napoli, in questi giorni di nuovo assediata dai rifiuti, addossando al sindaco del Pd Rosa Russo Jervolino la colpa dei disagi, e scarica sulla sinistra la responsabilità dei problemi che affliggono la scuola «da loro trasformata in un enorme ammortizzatore sociale». L'imperativo, comunque, è quello di andare avanti anche se, si lascia sfuggire Berlusconi, «tante volte verrebbe voglia di dire: lasciamo agli altri questo sacrificio».
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