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Frontisti alla riscossa con Marine Le Pen. L'estrema destra sfonda nelle regioni più povere

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2010 alle ore 08:04.

HENIN-BEAUMONT - Terra piatta e cielo basso. Le case a un piano in mattoni rossi tipiche di tutte le ex cittadine minerarie. Piuttosto scalcagnate. E tristi. Il sabato sera alle 11 nessuno per strada. E nessun albergo in centro. Per trovare una stanza bisogna andare in periferia, dove sono concentrati i vari Formule 1 a 35 euro a notte. Il ristorante sulla Place de la République si chiama "La casbah" e la braderie, il mercatino dell'usato domenicale sotto le nuvole che passano veloci e una pioggerella già autunnale, ti fa capire subito che qui, ormai, c'è poco da vendere.

Benvenuti a Hénin-Beaumont, 27mila abitanti nel Pas-de-Calais, dove tra pensionati poveri e giovani disoccupati il reddito medio pro capite è pari a quello della Slovacchia. Dove alle ultime comunali l'estrema destra del Front national - che loro, i frontisti, preferiscono chiamare Destra nazionale o Destra popolare - ha sfiorato la vittoria con il 48 per cento. Dove Marine Le Pen, che a 42 anni sta per succedere al padre, il vecchio leone Jean-Marie, fondatore e leader indiscusso, ha ottenuto alle regionali di marzo il 24,4 per cento. Togliendosi la soddisfazione, unico caso in Francia, di battere l'Ump, la destra istituzionale del presidente Nicolas Sarkozy. A 20 chilometri da Lille, la città guidata dal candidato presidenziale socialista in pectore Martine Aubry.

L'eroe dei frontisti locali, che con le sue denunce un anno fa è riuscito a far arrestare il sindaco del Ps, si chiama Steeve Briois. Figlio di operai e nipote di minatori, ha 36 anni, la mascella giusta e un sogno: governare. Lui a Hénin, Marine in regione. Riportare il Front national in Parlamento dopo la fugace apparizione dell'86, quando il cinico François Mitterrand per sminuire la prevista sconfitta socialista varò il proporzionale, con 35 eletti del Front national alla Camera. E magari provare a entrare nelle stanze del potere anche lì, anche a Parigi.

A giustificare simili speranze ci sono almeno tre elementi: l'arrivo della bionda Marine, favorita nella battaglia interna con il sessantenne Bruno Gollnisch, destinata finalmente a svecchiare il partito ; i sondaggi secondo i quali oltre il 40% dei francesi ritiene che sia ormai venuto il momento di considerare il Fn un partito come gli altri, chiudendo il lungo capitolo del patto repubblicano di esclusione Ump-socialisti; ma soprattutto la crisi. La crisi economica e poi sociale e poi politica che sta travolgendo le rappresentanze tradizionali aprendo immensi varchi agli slogan semplici ma efficaci, e anzi efficaci in quanto semplici ed elementari, del populismo che caratterizza in particolare la destra della destra.

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Tags Correlati: Bruno Gollnisch | Camera dei deputati | Europa | Franck | François Mitterrand | Front National | Le Pen | Lucienne | Marine | Martine Aubry | Nicolas Sarkozy | Partiti politici | Partito Socialista | Stati Uniti d'America

 

«E allora?», sbotta Briois. «Meglio il populismo del clientelismo. Ne sappiamo qualcosa, qui. Dove tutto passa dal partito socialista. Una rete inumana e insopportabile, che è il momento di smantellare. Si guardi attorno. La vede la povertà di questo posto? Prima la chiusura delle miniere, poi lo smantellamento della siderurgia, infine la delocalizzazione del tessile. Questa era una regione industriale, ora resta solo l'auto. E gli altri? Chi non ha un posto nell'auto? Cosa fa? Noi siamo famosi per le posizioni sull'immigrazione. Ed è giusto, perché la preferenza nazionale, prima i francesi poi gli altri, resta un pilastro. Ma la gente capisce che siamo anche il partito del sociale, della guerra alle delocalizzazioni, della politica che governa l'economia e non il contrario. Lo capiscono soprattutto i giovani, che non trovano un lavoro o se lo trovano è precario e malpagato. E hanno paura».

Rabbia, frustrazione, sensazione di marginalità. Che nel Front National trovano accoglienza. Lucienne ha 23 anni e le unghie laccate di nero, studia giurisprudenza: «Siamo abbandonati, senza prospettive. Quelli del Fronte ci capiscono». Michel di anni ne ha 20, e sta cercando un impiego: «Il Fronte è la sola possibilità che ci resta». Franck, 22 anni, fa il cuoco, con un contratto a termine: «Il Fronte è l'unico partito che dice la verità, anche se è scomoda. Dice che ci sono troppi immigrati, che la politica d'integrazione non regge più. È quello che sanno tutti, quello che pensano tutti».

«Immigrazione e nuova povertà - spiega il dirigente del Front national Thibaut de la Tocnaye - fanno parte di un unico ragionamento. Non ci sono soldi per tutti. E allora bisogna evitare che ogni anno entrino in Francia 400-450mila nuovi immigrati. Mi sembra banale buon senso. Tanto più che è la forte presenza di immigrati ad aver contribuito a tenere bassi i salari. Da anni tutti si riempiono la bocca con la parola globalizzazione, dipinta come apertura totale delle frontiere, ai capitali, ai beni, ai prodotti, agli uomini. Sono stupidaggini. Un conto è la globalizzazione, altro è il mondialismo, l'ideologizzazione della globalizzazione al servizio del grande capitale. Per il quale chiudere una fabbrica in Francia e aprirla in India pareggia i conti. Ma perché siamo così cretini da non fare neppure quello che fanno i finti campioni del libero mercato come gli Stati Uniti, che il protezionismo lo praticano eccome? Se facessimo come loro, tra vincoli sul made in Usa e dazi, molte nostre produzioni che hanno preso il volo sarebbero ancora qui».

«La crisi - conferma il politologo di Sciences Po Pascal Perrineau - ridà fiato al populismo e al Front national. La Francia è il paese più pessimista d'Europa. Ma c'è una vera emergenza sociale, la sofferenza delle classi popolari, e sempre più anche delle medie, è reale. Grasso che cola per l'estrema destra. Che ha trovato nuovi slogan, nuove parole d'ordine. E un nuovo leader. Una donna. Simpatica. Abile. Che piace ai media. Ma che deve fare ancora tanta strada prima di riuscire a istituzionalizzare il partito. Sempre che davvero abbia un senso, visto che il suo elettorato è fortemente anti-istituzionale. Che le stanze del potere vorrebbe distruggerle, piuttosto che frequentarle. A meno che la Le Pen non raggiunga risultati elettorali davvero importanti. Ma per fare questo deve vedersela soprattutto con l'astensionismo. Alle regionali un francese su due non ha votato. È quello il potenziale, nuovo elettore del Front national».

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