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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2010 alle ore 08:03.
NEW YORK - All'evento, per pochi intimi, è venuto anche Ed Cox, presidente del Partito repubblicano dello stato di New York. Serve per presentate alla New York che conta Marco Rubio, già eroe leggendario nella mitologia del movimento dei Tea Party. «La settimana scorsa sono stato in California - ci dice Rubio - mi muovo molto, mi sono accorto che c'è una curiosità straordinaria per le cose nuove». Rubio, 39 anni, figlio di immigrati cubani, impegnato in local politics è in effetti una delle «cose nuove» di questa corsa elettorale di metà mandato. Ma dall'incontro e dalla chiacchierata che abbiamo avuto con lui ci siamo accorti che è anche un pragamtico alla Scott Brown, il senatore repubblicano che ha vinto sull'onda della protesta e dei Tea Party in Massachusetts, il seggio al senato che fu di Ted Kennedy per poi rompere i ranghi e mettersi d'accordo con Barack Obama sulla riforma del sistema finanziario.
Rubio è stato uno dei primi a fare l'impossibile: ha costretto al ritiro dalle primarie repubblicane per il senato Charlie Crist, il governatore della Florida, il simbolo dell'establishment del partito. E dunque Cox, anche lui establishment, ancora frastornato dalla sconfitta del suo uomo, Rick Lazio per mano di Carl Palladino, simpatizzante Tea Party a New York, si è rassegnato: è venuto a baciare la pantofola di Rubio. Fatto simbolico importante: Cox non è soltanto un funzionario di partito. È a sua volta un piccolo mito dei repubblicani: ha sposato alla Casa Bianca in una cerimonia di sogno Patricia, la figlia di Richard Nixon. Suo figlio Chris, 31 anni, corre per la camera nel primo distretto a New York in nome del nonno «per riaffermarne il ruolo storico». «Ora siamo con Palladino - dice Cox - e siamo anche con Rubio: hanno vinto le primarie e il partito, anche se era contrario, ne deve prendere atto».
Il vecchio e il nuovo a confronto dunque. Un vecchio, quello di Cox, che appare improvvisamente relegato alle pagine di storia. E un nuovo, quello dei Tea Party, popolato da candidati rivoluzionari, populisti, impreparati, come Christine O'Donnel, che ha vinto nel Delaware. Marco Rubio però, e come lui ce ne saranno molti altri, è diverso. Nella lunga chiacchierata, a tutto campo (si è molto interessato a come funziona il press corp della Casa Bianca) ci è sembrato pragmatico, pronto al dialogo. Quando gli chiediamo del suo rapporto con i Tea Party e dei limiti di questa sua militanza, non perde un colpo: «Sono prima di tutto repubblicano. I Tea Party sono un movimento poco coordinato, mi basta cambiare contea per trovare una posizione diversa. L'elemento comune è la voglia di cambiare, è la forza della mobilitazione e questo dà energia al partito».