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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2010 alle ore 18:36.
Tutto questo far play. Tutto questo dire che siamo stati bravi, che la squadra è stata fantastica e che Paolo Bettini, da lungimirante ammiraglio, aveva previsto ogni mossa, se permettete, fa ancora più rabbia. Fa rabbia perché alla fine, se fossimo stati davvero così perfetti, avremmo portato a casa la maglia iridata. E invece no. Come dicevano i genitori di una volta, abbiamo fatto trenta, ma non trentuno. Cioè abbiamo controllato la corsa dall'inizio al punto decisivo; poi quando il gioco si è fatto duro, ci siamo persi steccando anche l'acuto finale.
Il punto decisivo, per la cronaca, è stato quando il belga Gilbert ha preso il largo nella prima salita dell'ultimo giro. Ecco, in quel punto, dove Filippo Pozzato, sulla carta il nostro Ibrahimovic, avrebbe dovuto incollarsi al belga, ecco lì sono cominciati i nostri guai. Gilbert infatti, pur avendo guadagnato ben 24 secondi, solo contro il vento è stato riacchiappato a circa 3 chilometri dal traguardo, Dopo il mondiale è diventato un affare privato per i quasi velocisti alla Thor Hushovd, una specie di vichingone norvegese, ex campione di sci di fondo, che unisce velocità pura a potenza. Bravo, bravissimo, il biondo, ma anche messo nelle condizioni ideali per sparare al meglio la sua unica cartuccia. Perché lui, a differenza di Pozzato, non ha avuto al suo servizio uno squadrone costruito solo per farlo vincere. La Norvegia non ha squadra, e quindi Huhovd se l'è dovuta sfangar da solo .
Filippo Pozzato, purtroppo per lui e per l'Italia, ha quindi perso l'attimo due volte. La prima, come dicevamo, quando non ce l'ha fatta a incollarsi a Gilbert. La seconda, nello sprint finale, quando è riuscito a risalire in extremis sui primi. Solo che a quel punto, la frittata era fatta. Già in affanno, e colpito dai crampi, Superpippo ha perso i suoi magici poteri, quelli che sarebbero stati necessari per saltare, prima del traguardo, quel toro scatenato di Hushovd. Nulla di male, un mondiale, non si vince tutti i giorni. Per vincerlo bisogna essere, bravi, intelligenti e fortunati. A noi è mancata la stoccata decisiva, il colpo vincente. Questo non vuol dire mettere Pozzato nel registro degli indagati. Pippo è stato bravo, perché altrimenti non sarebbe arriva quarto. Bravo, ma non bravissimo. Non ha fatto trentuno, insomma. E quindi, senza troppi drammi, ma senza neanche fingere che sia andato tutto bene, prendiamone atto e archiviamo un mondiale che, invece, si era messo molto bene grazie al lavoro di quasi tutti gli azzurri. Nella prima parte con Oss, poi con Tosatto, e infine in quella fuga con Nibali ,Visconti, Evans e altri che, a una quarantina di chilometri dal traguardo, forse avrebbe potuto mettere fuori gioco sia Hushovd che altri altri big.