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«Ricorso alla pena da limitare solamente ai casi più gravi»

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2010 alle ore 08:01.

«Se tutto è reato niente è più reato». Ricorre a un paradosso il giudice del tribunale di Milano Fabio Roia per spiegare come un esercizio "capillare" dell'azione penale, anche in casi meno gravi, si traduca di fatto in una denegata giustizia. Forte dell'esperienza maturata al Csm, Roia indica le sue riforme "taglia tempi".

Il processo breve ha scontentato tutti, avvocati e magistrati. Resta comunque da risolvere il problema di tagliare i tempi dei processi. Lei ha qualche indicazione?
La strada da percorrere è quella del diritto penale "minimo". Bisogna ricorrere alla pena solo nei casi più gravi, visto che anche le sanzioni amministrative hanno un'efficacia deterrente. Nella consapevolezza che se tutto è reato si finisce per cancellare il reato perché diventa impossibile perseguirlo efficacemente. Utile anche l'introduzione del principio di improcedibilità per irrilevanza penale del fatto, come accade già davanti al giudice di pace o nei processi a carico di minori. Un altro passo è quello di deflazionare gli appelli strumentali, eliminando il divieto di "reformatio in peius". Il ricorrente deve accettare il rischio che la sua situazione peggiori. Per finire, la madre di tutte le riforme è nella revisione della geografia giudiziaria. Una razionalizzazione che deve essere gestita dal Csm d'intesa con il ministero della Giustizia.

La fase delle indagini è quella che assorbe il maggior tempo. C'è un modo per ridurla?
Si potrebbe eliminare l'obbligo di avviso del deposito delle conclusioni di indagine nel caso di un indagato che ha già piena conoscenza del fatto. Da rivedere anche l'utilità dell'udienza preliminare, ormai snaturata rispetto alle previsioni originarie e divenuta una sorta di grado intermedio di giudizio.

La sua esperienza al Csm l'ha aiutata a individuare il "guasto" nel sistema? Di chi è la colpa dei processi infiniti, dei magistrati o dei politici che non fanno le riforme?
Per i magistrati non è pensabile un carico maggiore. Il problema - esistente anche se marginale - delle toghe che non lavorano va risolto con i provvedimenti disciplinari. La svolta è negli interventi che ho accennato.

Tags Correlati: Csm | Fabio Roia | Milano | Reati |

 

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