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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2010 alle ore 08:01.
«Si fa troppa demagogia sulle cause dell'eccessiva durata dei processi penali». Non usa mezzi termini Valerio Spigarelli, avvocato romano da poche ore eletto al vertice delle Camere penali.
Avvocato, la vulgata addebita ai legali una buona parte della responsabilità per l'intollerabilità dei tempi dei procedimenti.
Nulla di più falso. E i dati sono lì a testimoniarlo. Già una decina di anni fa avviammo un ricerca con la Camera penale di Roma, con risultati poi confermati su tutto il territorio nazionale da una successiva indagine Eurispes di sette anni dopo. Ai rinvii chiesti da difensore e imputato si potevano ascrivere non più del 2% e del 5% delle cause di ritardo.
Quali allora le ragioni più frequenti?
Pesavano in maniera molto maggiore, 12%, le assenze del giudice titolare o le difficoltà nella composizione del collegio e le relative incompatibilità. Situazione che il Csm ha poi affrontato dando chiare indicazioni per cui un processo deve terminare con i giudici dell'inizio, anche in caso di trasferimento di uno di questi. Ma molte lungaggini sono dovute alle irregolarità nelle notifiche, anche quelle effettuate ai difensori, alle cause logistiche, al protrarsi non sempre necessario delle indagini preliminari.
Detto questo e registrata un'inedita sintonia con i magistrati sull'avversione al processo breve, quali i rimedi?
Bisognerebbe pensare a un coerente intervento di depenalizzazione. Coerente perché negli anni ce ne sono pure stati, ma sono stati subito dopo contraddetti da misure come quelle sugli immigrati clandestini o sul proliferare di aggravanti che vanno in direzione del tutto opposta.
Ma non si tratta di un intervento con forti rischi di impopolarità per una politica che ha disperato bisogno di raccogliere consenso?
Può darsi, ma si tratta di una considerazione che non ostacola la necessità dell'intervento. Ma si potrebbe fare anche altro: un allargamento di misure oggi previste solo per i minorenni come l'irrilevanza del fatto o la messa alla prova. E poi un'estensione della perseguibilità a querela.