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L'Italia chiederà di non aprire la seconda fase del protocollo di Kyoto

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2010 alle ore 18:32.

Strada in salita per l'Italia all'incontro in sede comunitaria del 14 ottobre per definire la pozione dell'Unione europea al vertice di fine anno a Cancun, in Messico. «Non ci sarà una posizione italiana distinta da quella Ue» ha precisato il direttore generale del ministero
dell'Ambiente Corrado Clini, a margine della conferenza stampa di presentazione, alla Camera, del progetto "Come cambia il cambiamento climatico", promosso dalla Fondazione Formiche.

Clini ha annunciato che l'Italia chiederà di «non aprire una seconda fase» del protocollo di Kyoto, con l'elevazione dei tagli della Co2 dal 20% al 30% che «non è una opzione utile al negoziato». L'Unione europea, ha detto Clini, «potrebbe prendere in considerazione l'obiettivo 30% solo riconoscendo il nucleare come energia pulita, e quindi accogliendo la posizione di Canada e Sudafrica. Ma l'Unione non ha finora avuto una politica comune sul nucleare, e non ha neanche una politica fiscale comune. È assurdo parlare di tagli alle emissioni inquinanti quando la Germania premia chi produce con carbone. Per l'Italia sarà difficile aprire la discussione su questi temi, davanti a una platea di politici che vogliono fare i difensori astratti dell'ambiente».

Un bilancio in rosso quello del protocollo di Kyoto nella valutazione costi/benefici. «Solo quest'anno - ha detto Clini - si sono tenuti 100 giorni di meeting internazionali, con le delegazioni di 130 Paesi che viaggiando in aereo e poi in auto per il pianeta hanno fatto innalzare il livello delle emissioni inquinanti. E questo è avvenuto con continuità negli ultimi 13 anni», dalla firma del febbraio 1997. In termini di vantaggi apportati e risultati politici, ha
aggiunto Clini, «gli Stati Uniti sono rimasti fuori. Mentre il trend di riduzione delle emissioni registrato nell'Unione europea, Italia compresa, è per lo più dovuto alla crisi economica e ai cambiamenti tecnologici che hanno generato efficienze. Sarebbe molto azzardato dire che il driver ambientale ha di per sè funzionato».

Nel corso dell'incontro alla Camera il professor Roger Pielke Jr, docente all'Università del Colorado negli Stati Uniti, firmatario dell'Hartwell Paper e autore del libro «Il pasticcio del clima: quello che scienziati e politici non dicono a proposito del riscaldamento globale» appena pubblicato negli Stati Uniti, ha sottolineato che i tagli alle emissioni senza innovazione tecnologica portano a una depressione dell'economia. «Se l'obiettivo è la decarbonizzazione - ha scritto il professor Pielke - la strada più efficace è quella dell'innovazione finanziata da un prezzo del carbonio basso, ma che salga col tempo». Attualmente secondo Pielke, tutto quello che si sta tentando per la decarbonizzazione è irrealizzabile. Per rispondere agli obiettivi di Kyoto, insomma, per Pielke è necessario trovare un nuovo approccio che passi attraverso innovazione, ricerca e sviluppo, per individuare soluzioni che non deprimano l'economia, ma taglino le emissioni.

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Tags Correlati: Fondazione Formiche | Italia | Roger Pielke Jr | Stati Uniti d'America | Tutela ambientale

 

Corrado Clini ha ricordato, dunque, come l'approccio top-down«comando e controllo», stile Kyoto, opera solo per obiettivi parziali, ma nel caso delle emissioni dei gas serra non funziona. «Fissare un obiettivo cumulativo per tutti i gas serra - ha spiegato Clini - è un modo astratto, per non dire ideologico, di affrontare il tema ambientale». Occorrono, secondo Clini, «accordi diversi da quelli globali, accordi settoriali con obiettivi misurabili e raggiungibili». Come, per esempio, la riduzione del particolato che è un inquinante. E ha fatto anche l'esempio delle performance raggiunte dalle auto sul fronte dei consumi negli ultimi anni, frutto di una tendenza di mercato che punta a ridurre i consumi per chilometro delle vetture. Stessa linea che dovrebbe essere applicata ai biocombustibili di seconda e terza generazione.

Per Clini «quanto alla decarbonizzazione dell'economia non deve essere posto come mero obiettivo ambientale, ma si deve fare in modo di introdurre le migliori tecnologie come standard di produzione usuali: bisogna per esempio intervenire sulle regole del commercio del Wto in modo che i prodotti siano commerciabili se incorporano tali standard. Un'alternativa al Protocollo di Kyoto, ha detto, infatti, Clini, «potrà essere il Wto se vorrà dichiarare commerciabili a livello internazionale solo i prodotti eco-friendly, come le auto ibride e quelle a basso consumo o le lampadine a basse emissioni». Inutile invece pensare a tasse protezionistiche, come la carbon tax, per limitare l'arrivo in Europa dei prodotti cinesi. Le economie emergenti sono fondamentali per la ripresa economica mondiale. e per inciso la Cina dal 2009 é l'economia che investe di più in tecnologie pulite». Per Clini occorre cambiare format assumendo «la decarbonizzazione come obiettivo industriale e non meramente ambientale».

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