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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2010 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 06 ottobre 2010 alle ore 09:19.
Solo il tempo dirà se il partito fondato da Fini sarà una nuova Alleanza Nazionale, come dicono i critici più bonari, oppure addirittura un "piccolo Msi", come insinuano i più maliziosi. Il presidente della Camera nutre un'ambizione molto alta: costruire un Popolo della libertà de-berlusconizzato. Un punto di aggregazione dell'area moderata che per anni si è riconosciuta nella personalità dell'uomo di Arcore. A questa enorme riserva di consensi Fini manda un messaggio esplicito: abbandonate Berlusconi, un leader ormai al termine della sua parabola, e riconoscetevi nel nuovo centrodestra che io guiderò sulla base di principi sicuri (rispetto delle istituzioni e della magistratura, legalità, confronto politico con l'opposizione ma niente "ribaltoni"). Un'altra destra, non più succube della Lega, e votata a difendere i valori dell'unità nazionale.
Queste sono le intenzioni. Ed è possibile che la nascita del nuovo partito sia stata accelerata dal sentore di elezioni anticipate che si avverte nell'aria. Ora però cominciano i problemi. In primo luogo c'è l'equivoco di una formazione che si pretende "terza gamba" della maggioranza e che in realtà è il prodotto, non di un patto politico con Berlusconi e Bossi, bensì di una frattura profonda e non sanata. È una contraddizione destinata presto a esplodere, probabilmente sui temi della giustizia. Per cui i richiami dei finiani al governo in carica che "completerà la legislatura" fanno parte di un gioco tattico fin troppo scoperto. La volontà ovvia è quella di non scottarsi le dita facendosi accusare da Berlusconi come responsabili dello scioglimento delle Camere. Ma è difficile fare una frittata senza rompere le uova. L'ambizione di un nuovo centrodestra post-berlusconiano presuppone lo scontro definitivo e di fatto ravvicinato con il premier.
Il problema cruciale riguarda comunque la legge elettorale. Con il modello attuale la vita del partito di Fini sarà incerta. Andare da solo è un rischio, aggregarsi ad altre forze del centro (Casini) toglie a "Futuro e Libertà" la sua identità specifica che vuole esser laica. E in fondo il presidente della Camera parla come futuro leader del polo moderato, piuttosto che come aspirante co-leader di un problematico "terzo polo". Tuttavia senza una nuova legge elettorale questi progetti restano precari. Ecco perché i finiani sono i più strenui fautori della riforma. Ma al momento non sanno come far quadrare il cerchio.