Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2010 alle ore 08:08.
Una settimana in più per definire i numeri in gioco, e qualche apertura sulle modifiche al patto di stabilità e sullo sblocco delle risorse fermate nelle casse dei comuni dai vincoli di finanza pubblica.
È il pacchetto ottenuto ieri dai sindaci nell'incontro con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che si è concentrato sia sul federalismo municipale sia sul patto. «Simul stabunt, simul cadent», chiosa il presidente dell'Anci Sergio Chiamparino all'uscita dell'incontro, per sottolineare che federalismo e patto sono legati dallo stesso destino.
Sul primo punto, si è deciso di rinviare di una settimana l'esame del decreto che istituisce cedolare secca e imposta municipale unica, e che avrebbe dovuto essere esaminata nella conferenza unificata di oggi.
I sindaci chiedono prima di tutto certezze sull'aliquota di riferimento della nuova imposta, che il testo approvato in consiglio dei ministri non indica e che, secondo i calcoli degli amministratori locali, dovrebbe aggirarsi intorno al 10 per cento. «Questo è il livello necessario a garantire il gettito adeguato - spiega Chiamparino -; se il governo ha altre ipotesi, le mostri». La settimana extra serve appunto a trovare la quadra, insieme alle garanzie che il meccanismo della futura imposta unica lasci alle amministrazioni margini di manovra autonomi.
Sul patto di stabilità, l'incontro sindaci-Tremonti ha confermato le indicazioni emerse dai tavoli tecnici. Il nuovo patto punterà soprattutto sulle spese correnti (come anticipato sul Sole 24 Ore di sabato scorso), che rappresenteranno le basi di calcolo (media 2006/2008, con dei correttivi per i comuni che ne sarebbero troppo penalizzati), e prima di tutto chiederà ai sindaci di raggiungere il saldo in pareggio. Dal momento che il pareggio di bilancio, da solo, non basta a garantire il contributo chiesto dalla manovra, il resto del "conto" sarà distribuito fra i comuni seguendo meccanismi proporzionali alla spesa corrente. Partita ancora aperta sui residui passivi, cioè le risorse che i comuni hanno in cassa ma non possono spendere senza violare il patto.
I sindaci, spalleggiati dalle imprese fornitrici che sono costrette ad attendere tempi lunghi per i pagamenti, chiedono che almeno si ripeta il trattamento riservato l'anno scorso, quando il decreto anticrisi sbloccò più di 1,4 miliardi.