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Viaggio nella più grande banca del seme al mondo che esporta cromosomi vichinghi in 60 paesi

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2010 alle ore 08:42.

AARHUS, DANIMARCA - Non c'è solo la fecondazione in vitro, che due giorni fa ha regalato a Robert Edwards il premio Nobel e il palcoscenico mondiale. Una notte d'inverno del 1981, Ole Schou – un ignoto ventisettenne danese – fa un sogno surreale: un fiume impetuoso, un enorme gorgo bluastro che si avvita su se stesso. Il fatto curioso, è che quel torrente non è composto di molecole d'acqua, ma di spermatozoi.

Poco tempo dopo, nel leggere un libro sulla criogenizzazione – il congelamento dei tessuti biologici – si imbatte di nuovo negli spermatozoi. Che a quel punto diventano la missione, forse l'ossessione della sua vita. Ma anche la sua realizzazione: negli ultimi vent'anni, Ole Schou ha fatto nascere 16.580 bambini. «E la cifra cresce giorno dopo giorno», dice con orgoglio. Sulla homepage della Cryos International, la società che ha fondato nell'87, il numero degli esseri umani prodotti con materia danese "di prima qualità" viene aggiornato in tempo reale.

Il successo della Cryos, che esporta cromosomi vichinghi in 60 paesi del mondo, ma con laboratori – diciamo così, multietnici – a Mumbai e a New York per i mercati locali, sta in una complessa ricetta.

«Vengo qui due volte la settimana», racconta Peter Andersen, 25 anni, studente (il nome è falso e l'ha inventato lui). «In media ricevo 40 euro, ma dipende molto dalla quantità e dalla qualità». Sul sito della Cryos, dove le clienti possono scegliere il donatore in base alle inclinazioni artistiche, il colore dei capelli o alla sua foto da bambino, Andersen dice di essere classificato come Mot25: venticinque milioni di spermatozoi per millilitro, con buona motilità. Nel catalogo (accessibile da tutti sul web) si va da Mot5 a Mot50+, «che è la qualità massima, con le maggiori probabilità di successo», spiega Schou.

Ma se qui a Aarhus, seconda città della Danimarca, un bel numero di giovanotti si procura l'argent de poche trascorrendo qualche minuto in una stanzetta equipaggiata con Dvd e giornaletti, non è solo grazie alle intuizioni oniriche di Ole Schou. È grazie all'anonimato garantito per legge. «No, non mi chiedo mai quanti figli ho – risponde Andersen – perché tanto non lo saprò mai».

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Tags Correlati: Bruce Willis | Cryos International | Europa del Nord | Italia | Ole Schou | Peter Andersen | Robert Edwards | Sanità | Stati Uniti d'America

 

Dopo che la Svezia e il Regno Unito hanno abolito l'anonimato dei donatori, le locali banche del seme si sono prosciugate. Dopo che negli Stati Uniti qualche donatore è stato condannato a pagare gli alimenti a un ventenne mai visto né conosciuto, idem. «La Danimarca – osserva Schou – è un paese liberale: è stato il primo a consentire la pornografia e a legalizzare l'aborto». Oggi, il regno che fu del principe Amleto garantisce l'anonimato dei donatori, ma difende anche il diritto alla gravidanza delle donne singole e delle coppie di donne.

Eppure, più che la giurisprudenza, potè la psicologia. «Nel caso di una coppia eterosessuale – spiega Schou – l'uomo ci tiene moltissimo all'anonimato del donatore: non vuole sapere chi sia il padre del figlio che crescerà». Una necessità che ha sostenuto la crescita della Cryos agli albori. Ma poi il ventaglio delle psicologie si è allargato. «Con gli anni, la domanda di gravidanza da parte delle coppie di donne è cresciuta e, al contrario, quando le mamme sono due l'anonimato è meno interessante: sanno già che, un giorno, dovranno dare al figlio delle spiegazioni». Manco a dirlo, su richiesta la Cryos fornisce anche Dna con un nome e cognome.

Ma c'è un nuovo mercato, che è esploso negli ultimi anni: quello delle single aspiranti mamme. Ormai rappresentano il 30% delle clienti di Cryos e Schou prevede che fra cinque anni sfonderanno il 50 per cento. «Sono tutte donne colte, economicamente indipendenti, con l'orologio biologico che batte ma con le idee chiarissime». Di recente, racconta Schou, una di loro ha fatto una richiesta singolare: il donatore dovrà donare solo a lei. «Le ho detto che le sarebbe costato parecchio, ma ha risposto: "Non è un problema di soldi"».

Dire quanto costa il seme che la Cryos spedisce ogni giorno in contenitori gialli con l'azoto liquido (per ibernare le cannucce con il magico liquido), è praticamente impossibile. Da centinaia a migliaia di euro. Dipende se si tratta di Mot5 (molto popolare in Polonia) o di Mot50+ (il più richiesto in America). Ma soprattutto dipende dall'età della cliente. «A 42 anni – sentenzia Schou – può essere necessario procedere all'inseminazione anche dieci volte». La quale, viene sempre fatta da un dottore. «Anche in Italia, spediamo su richiesta di un medico». Un medico consenziente perché, in Italia, la donazione è proibita.

Non a caso, Schou deve fare lo slalom fra decine di diverse legislazioni internazionali. Nel Regno Unito, ad esempio, lo stesso donatore non può avere più di dieci figli. In Danimarca, non più di 25. Ma la Cryos spedisce dovunque sia legale, o quantomeno tollerato. «Alle frontiere italiane – assicura Schou con un sorriso complice – i contenitori con l'azoto liquido passano tranquillamente».

Dopotutto, questa storia – che comincia con un sogno – ha a che fare con i sogni. «Senza di voi non avremmo mai avuto questo meraviglioso bambino», dice una lettera. «Grazie per aver reso possibile la nostra famiglia», recita un'altra. Mentre legge, che ci crediate o no, gli occhi dell'amministratore delegato della Cryos si inumidiscono vistosamente. «Mi commuovo sempre», dice, quasi per scusarsi.

Ma i fatti parlano chiaro. Non solo Schou ha fatto nascere quasi 17mila bambini. Senza pudore assicura che la Cryos «dispone del miglior sperma del mondo». Perché non si tratta solo di raccogliere e spedire il seme: il giovane team di Schou deve anche selezionare, misurare, controllare, certificare, purificare e congelare quei miliardi di gameti maschili che aspirano a diventare esseri umani. Dopodiché, quando ci riescono, aspirano alla felicità. «Nel Nord Europa il 50% delle famiglie con figli divorzia – reclamizza Schou – ma, fra i nostri clienti "etero", i divorzi sono solo l'8 per cento. Fare un figlio tramite un donatore è una scelta ponderata e consapevole».

Certo, qualche dubbio sul catalogo online delle etnie, o sulla forte domanda di mercato per il cromosoma caucasico con gli occhi azzurri, sorge spontaneo. «Da un lato, è comprensibile che i genitori vogliano un figlio che sia il più simile possibile a loro – risponde Schou – Ma non mancano gli europei che chiedono un figlio mulatto». In compenso, certi suoi concorrenti americani varcano il confine del buon gusto. «C'è chi offre soluzioni del tipo: "Volete un figlio che assomigli a Bruce Willis?"». È un sogno anche quello. Surreale anche quello.

«Sì un giorno farò un figlio, o forse meglio due», promette Niels Jorgensen (altro nome auto-inventato), che lavora per una nota azienda alimentare italiana. Da dieci anni, dona il sangue gratuitamente e lo sperma a pagamento. È quindi consapevole che potrebbe già avere decine e decine di discendenti, che non conoscerà mai. «È bello far felice qualcuno in qualche parte del mondo», dice Niels con un'aria serena, appena uscito dalla stanzetta col Dvd. «È incredibile quanto un bambino o una bambina possano essere desiderati prima, e amati dopo». Con la benedizione, per legge, del Parlamento di Danimarca.

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