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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2010 alle ore 08:00.
Dopo che la siccità e gli incendi avevano mandato in fumo gran parte dei raccolti in Russia e Ucraina, gli Stati Uniti sembravano rappresentare l'immenso granaio in grado di salvare il mondo da fame e carestie. Le cose rischiano di andare diversamente. Molto diversamente. Alcuni esperti adesso si aspettano addirittura che il governo statunitense possa decretare forme di razionamento per il mais destinato ai mangimi animali. E c'è già chi intravvede il riemergere del drammatico conflitto di interessi tra la produzione di cibo e quella di carburanti.
A spegnere le speranze, dopo un'estate già caratterizzata da forti rincari dei cereali, è stato il dipartimento Usa per l'Agricoltura (Usda), attraverso il suo autorevole rapporto mensile: un documento atteso e osservato con grande attenzione da chi si occupa di commodities agricole. Le stime diffuse ieri, che abbassano drasticamente le previsioni sui raccolti americani, sono state una doccia fredda. Un «rapporto shock», secondo la definizione più ricorrente fra i trader, che sui mercati dei futures hanno reagito con una raffica di ordini di acquisto tanto violenta che al Chicago Board of Trade (Cbot) le quotazioni di mais, frumento e semi di soia si sono inchiodate fin dall'inizio della seduta al limite massimo di rialzo consentito dalla borsa. Una situazione che non si verificava dal 13 agosto 2008, nel pieno della crisi alimentare mondiale, che in molti paesi poveri sfociò in violente rivolte tra la popolazione.
Il mais ha chiuso a 528,25 cents per bushel (+6%), record da due anni, i semi di soia a 1.135 USc/bu (+6%), livello che non raggiungevano da un anno. Per il frumento – che lo scorso 5 agosto, in seguito al blocco delle esportazioni dalla Russia, aveva raggiunto un picco biennale di 785,75 USc/bu – il rialzo è stato del 9,1% a 719,25 USc/bu. All'Euronext di Parigi, dove non viene applicato il cosiddetto "limit up", le quotazioni del grano tenero per consegna novembre si sono impennate di oltre il 10%, per poi chiudere a 223,75 euro per tonnellata (+7,8%).
Il rapporto Usda, peggiorando le stime sul raccolto cinese – e dunque le sue necessità di importazione – ha fatto salire del 3,3% anche le quotazioni del cotone sodo a New York, riportandole a 107,17 cents per libbra, vicinissime al record da 15 anni che avevano aggiornato la settimana scorsa. Le ripercussioni si sono fatte sentire anche sui mercati azionari – con rialzi fino all'8% per i titoli dei produttori di fertilizzanti – e su quelli petroliferi: il mais più caro, infatti, fa salire i costi di produzione dell'etanolo. Al Nymex si sono quindi surriscaldati sia i prezzi del biocarburante sia, a catena, quelli della benzina (di cui è un succedaneo) e del petrolio stesso. Il Wti, che aveva aperto in ribasso, ha finito col chiudere a 82,66 $/barile (+1,2%).