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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2010 alle ore 08:01.
Il convoglio stava percorrendo una strada polverosa. Lentamente, come accade a ogni lungo convoglio di mezzi della coalizione internazionale della Nato (Isaf) che deve trasportare materiale di costruzione e rifornimenti destinati agli avamposti avanzati. Quello di ieri era composto da 70 veicoli, che procedono in alcuni tratti anche a passo d'uomo per dar tempo ai mezzi anti-mine di fare il loro lavoro. Stavano rientrando dalla base avanzata "Ice", un fortino presidiato dagli alpini nel distretto del Gulistan, nella provincia orientale di Farah. Alle 9 e 45 (le 7 e 15 in Italia), durante l'attraversamento di uno dei tipici villaggi fatti di fango e paglia, un'esplosione ha travolto un blindato Lince. Quattro dei cinque militari italiani che erano a bordo sono morti subito. Subito dopo l'esplosione gli insorti hanno ingaggiato uno scontro a fuoco con armi automatiche: respinti si sono dileguarsi. Un quinto militare italiano, il caporalmaggiore Luca Cornacchia , 38 anni, è rimasto ferito in modo non grave ed evacuato in elicottero nella base di Delaram e poi nell'ospedale militare statunitense di Farah. Pochi giorni fa si era sfogato su Facebook: «Mi sono rotto di stare qua in Afghanistan, non si capisce nulla».
Le vittime sono il caporalmaggiore Gianmarco Manca, 32 anni, di Alghero (Sassari), il caporalmaggiore Marco Pedone, 23 anni di Gagliano del Capo (Lecce), il caporalmaggiore Sebastiano Ville, nato a Lentini (Siracusa) 27 anni, e il caporalmaggiore Francesco Vannozzi, 26 anni. di Pisa. Facevano tutti parte del del 7° reggimento alpini di Belluno, inquadrato nella brigata Julia. Sarebbe stato un ordigno improvvisato, uno "Ied" a distruggere il Lince. Ma la carica sembra sia stata molto più potente dei normali Ied, si parla anche di 100 chili di esplosivo.
Che il Gulistan e il vicino distretto di Bakwa fossero aree pericolose, ad alta presenza di insorti, lo si sapeva da tempo. Pur facendo parte della regione ovest, l'area dell'Afghanistan sotto il comando italiano (circa 3mila soldati che saliranno a quasi 4mila a inizio 2011), nella primavera del 2008 erano stati ceduti insieme al distretto di Por Chaman ai marines e in parte al contingente georgiano. Aree definite calde, dove a fianco degli insorti agiscono nacrotrafficanti e contrabbandieri. A inizio settembre gli italiani hanno ripreso i turbolenti distretti sotto loro comando. Proprio in questa zona lo scorso 17 settembre è stato ucciso dagli insorti il tenente Alessandro Romani, 36 anni.