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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2010 alle ore 08:01.
WASHINGTON. Dal nostro inviato
La risposta dei banchieri alla provocazione di Giulio Tremonti sui "bankers" che tornano a speculare la dà subito Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, e fa una distinzione: «Ha ragione il ministro, ci sono banchieri e banchieri, noi non abbiamo certo contribuito alla crisi con le nostre attività molto conservative. Ci sono banche con discreta solidità patrimoniale, con buona gestione e dunque con minore rischio». Ce ne sono altre che invece ne approfittano. Se nei vari incontri ai margini delle riunioni annuali del Fondo Monetario e Banca Mondiale è emerso un tema forte, è quello del ritorno della speculazione. Dell'insistenza del “carry forward”, peggio, del ritorno dei “pacchetti” di strumenti obbligazionari di diverso rischio da collocare presso investitori sempre disponibili.
È la stessa aria che si respira in Ambasciata d'Italia a Washington, dove proprio Banca Intesa Sanpaolo ha offerto il party per la comunità finanziaria internazionale a nome delle banche italiane: molta incertezza e il pericolo che alcune delle contraddizioni del passato ritornino. Ad accogliere gli ospiti, oltre a Passera, c'è anche Andrea Beltratti, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo. Un debutto atteso è stato quello di Federico Ghizzoni, nuovo ad Unicredit. L'assedio di cui è oggetto riguarda il nuovo profilo di UniCredit. Resterà un gruppo integrato? Che ruolo avranno i tedeschi? «Devo dire che non so neppure come queste voci sono maturate. La banca resterà quella di sempre. Non è neppure pensabile fare dei passi indietro. Anzi, le confesso di avere un sogno: quello di poter approfondire le radici locali che abbiamo in decine di paesi per poter poi creare un networking internazionale che generi business. Siamo nel crocevia ideale per farlo, a livello europeo e mondiale».
Fra un risottino alla milanese e piattini di prosciutto e fichi gli chiediamo quanto sia forte la pressione e le emozioni del nuovo incarico: «Dopo i primi giorni mi sono subito adeguato. La sfida è grande, ma non è che non ci fossi abituato». Gli chiediamo se sono cambiati i suoi orari: «Gli orari no. Sono cambiati i tragitti: prima viaggiavo molto. Oggi sono molto più stanziale. Questo è il vero cambiamento. Per il resto, sono in ufficio alle 7.30 del mattino ed esco alle 8.30 di sera. Normale, lo facevo anche prima. Quando viaggiavo la differenza era che mi dovevo svegliare alle 5 per prendere l'aereo giusto». E sua moglie? È contenta? «Beh come molte mogli italiane, si lamenta se sono troppo fuori, ma poi se sono sempre in mezzo sono guai. Scherzo, in effetti anche sul piano personale, si tratta di trovare il giusto equilibrio». Tornando agli argomenti di dibattito gli chiediamo del ruolo della Germania: «Anche per la Germania mi domando come sono nate queste voci. Non vi saranno ingerenze, non vi saranno ritorni alla Germania della banca tedesca, l'ho già smentito e lo sto formalizzando qui a Washington con i principali banchieri mondiali. Spero proprio che questa questione si chiuda perché abbiamo da pensare allo sviluppo e parlando della Germania, è uno dei mercati che ci interessa di più». E la Libia? Gli investitori libici. Joe Stiglitz l'altro giorno ci aveva detto che non si può distinguere fra fondi sovrani, se quelli dei paesi emergenti rispettano le regole, se sono trasparenti debbono avere gli stessi accessi di quelli dei paesi più avanzati. Ghizzoni è d'accordo: «Sono investimenti di lungo termine e sono trasparenti. Anche su questo fronte non vi sono problemi. La sfida semmai è di procedere nell'integrazione della banca per continuare a crescere».