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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2010 alle ore 08:01.
WASHINGTON. Dal nostro inviato.
«Lo scorso anno di questi tempi la comunicazione rispetto agli incontri di Washington mostrava un certo grado di ottimismo, in rapporto alle impressioni di oggi. L'Italia al contrario a quell'epoca già parlava di una crescita duale, divisa a diverse velocità. A dimostrazione del fatto che i realisti sono "ottimisti informati" avevamo ragione e se confrontate i comunicati dell'anno scorso con quelli di oggi, si può constatare che c'è un po' meno ottimismo».
Esordisce così il ministro dell'Economia Giulio Tremonti per raccontare il clima del vertice informale del G-7 di Washington e che si è occupato quasi esclusivamente della questione dei cambi, senza riferire alcun dettaglio su quest'ultimo aspetto, secondo una comune regia che impone riservatezza su un tema così delicato, ma descrive in dettaglio il nuovo contesto economico nel quale i grandi dell'economia si trovano a operare.
A far da sfondo al contesto internazionale di questo ottobre del 2010 non c'è secondo Tremonti soltanto un'intonazione meno ottimistica delle prospettive dell'economia internazionale. C'è anche il ritorno in grande stile sulla scena di quelli che, per distinguerli rigorosamente dalle aziende di credito made in Italy, Tremonti chiama "bankers" cioè i grandi banchieri d'affari: «I bankers sono tornati». «Non parlo dei banchieri italiani – precisa – ma ricordo che due anni fa o un anno fa a Istanbul le grandi banche d'affari erano molto low profile, mentre ora sono tornati i ricevimenti costosi, lo champagne. Ed è a piede libero la speculazione, lo sviluppo dei derivati».
«Si è fatta troppa confusione – spiega – tra ciclo economico e crisi, che invece è una discontinuità e nel gestire la crisi, scambiandola per un ciclo economico, si è fatta la scelta di salvare la speculazione che stava dentro le banche perché le banche avevano un'importanza sistemica». Tremonti cita la crisi del '29 e ricorda che allora i soldi pubblici furono usati per contrastare le difficoltà di famiglie e imprese. «Stavolta, invece, si è fatta la scelta di salvare la speculazione. E in molti paesi il debito pubblico è salito perché è stata fatta la scelta di salvare le banche in conto terzi. Con il risultato che i poveri paesi che hanno dovuto salvare le banche adesso sono loro ad essere biasimati» commenta Tremonti, precisando che il fenomeno non riguarda l'Italia. «Ma – aggiunge – quando saranno disponibili le slides sull'entità della shadow finance, la finanza ombra, ci si renderà conto che le cose sono ancora quelle di prima. Tornano i bankers, i bonus sono elevati, i derivati aumentano... tutto come prima».