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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 18:30.
Gianfranco Fini ha scritto a Renato Schifani per sollecitare un'intesa tra le Camere sul riassetto della legge elettorale auspicando però che «la priorità sia riservata a Montecitorio». Schifani ha fatto sapere che risponderà «nei tempi dovuti» alla missiva della terza carica dello Stato. Non prima di aver trasmesso il messaggio al presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, Carlo Vizzini, che si sta occupando della materia elettorale già da tempo. L'appello di Fini arriva infatti nello stesso giorno in cui la commissione presieduta da Vizzini ha ripreso la discussione sull'eventuale superamento del cosiddetto "Porcellum".
Qui le proposte di modifica della legge elettorale hanno già toccato quota 27. Le ultime tre, come annunciato dal presidente della commissione, Carlo Vizzini (Pdl), sono arrivate oggi pomeriggio e «sono molto variegate tra di loro», per dirla con le parole del promotore del "porcellum", il ministro Roberto Calderoli. La discussione, però, ha spiegato il relatore Lucio Malan (Pdl), si concentrerà in particolare su due progetti in riassetto del sistema elettorale: quello presentato dal vicecapogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello, e il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti (Pd).
In comune i due ddl hanno un unico tassello, l'introduzione di un'unica soglia di sbarramento al posto delle tre in vigore oggi: il 5% regionale sia per le liste coalizzate che per quelle singole nella proposta firmata dal Pdl, il 4% in quella predisposta dai democratici. Quagliariello suggerisce poi di abolire il premio di maggioranza regionale al Senato. Prevedendo che, qualora la coalizione di liste o la lista singola che ha conseguito il maggior numero di seggi nell'ambito di tutte le circoscrizioni regionali abbia totalizzato meno di 170 seggi, ad essa siano attribuiti i posti necessari per toccare quota 170 ma comunque in misura mai superiore a 45 seggi. La proposta del vicepresidente dei senatori pidiellini dice poi no al ritorno delle preferenze e suggerisce, per migliorare il rapporto tra candidati ed elettori, «di suddividere il territorio regionale in circoscrizioni più ristrette in modo da avere liste composte da pochi candidati, fermo restando il calcolo del riparto dei seggi in ambito regionale».