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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 08:50.
«È la seconda volta che un grande economista con cui lavoro da diverso tempo riceve il premio Nobel. Questa volta è toccato a Christopher Pissarides, qualche anno fa toccò invece ad Edmund Phelps: lavoravamo insieme da dieci anni quando ottenne il celebrato riconoscimento. Che cosa posso dire, sono contento, felice». Jean-Paul Fitoussi, professore all'Institute d'études politiques di Parigi e docente di international economic policy all'università Luiss di Roma, parla volentieri del più giovane dei tre economisti premiati dall'accademia delle scienze svedese. Anche perché conosce a fondo il contributo teorico dell'economista nato a Nicosia 62 anni fa, cittadino britannico e professore alla London school of economics.
«Pissarides – spiega Fitoussi – ha condotto un lavoro di ricerca empirica e di sintesi teorica molto importante sul mercato del lavoro e le sue disfunzionalità. La sua applicazione della search theory ha messo in luce il ruolo chiave dell'informazione nel determinare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e il suo modello di matching function ha prodotto conclusioni molto forti sulle cause della disoccupazione».
Conclusioni valide anche in un contesto come quello attuale, condizionato dalla grande recessione?
Assolutamente sì. L'analisi di Pissarides è sempre realizzata in un contesto dinamico e le valutazioni sulle frizionalità del mercato del lavoro sono calibrate sugli squilibri tra domanda e offerta che si possono determinare nelle diverse fasi del ciclo economico. E in questo contesto credo di poter dire che la conclusione di policy più interessante che si può trarre dal suo contributo riguarda la disoccupazione di più lungo periodo.
Qual è il suggerimento di Pissarides?
Quello di evitare con tutti gli strumenti di politica attiva di cui un paese può disporre il verificarsi di periodi di distacco prolungato per un lavoratore che è espulso dal ciclo produttivo. I condizionamenti informativi e le frizionalità che ostacolano l'incontro tra domanda e offerta di lavoro crescono con la disoccupazione di lungo periodo e con esse crescono le cosiddette vacancy, vale a dire i posti di lavoro per i quali le imprese cercano personale senza trovarlo.