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Il riassetto del Pdl parte dalla base

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 08:54.


ROMA
Il malumore di Silvio Berlusconi nei confronti del Pdl e dei suoi vertici ha riaperto il dibattito sulla necessità di rilanciare un partito che si è mostrato più incline a dividersi in componenti che a portare avanti iniziative originali ed essere strumento di elaborazione politica e di sostegno all'azione del governo.
Le parole del premier hanno innescato le interpretazioni più diverse, a partire da quelle che ritornano in ogni momento critico per la maggioranza su imminenti cambiamenti al vertice Pdl. Anche se un deciso restyling del partito è tra gli obiettivi di Berlusconi (la prossima settimana si terrà un ufficio di presidenza per la nomina dei coordinatori provinciali e regionali), al momento non sarebbero in vista sostituzioni anche parziali dei coordinatori nazionali. Per ora, sarebbero in particolare da rivedere meccanismi e organizzazione di quello che è rimasto più un movimento che un partito strutturato sul territorio, come invece sono la Lega e forse anche Fli.
Berlusconi sembra aver chiamato in causa anche la conduzione politica dei coordinatori ed emblematica in questo senso è stata la reazione di Ignazio La Russa: «In questi giorni – ha detto il ministro e coodinatore del Pdl – mi occupo dell'Afghanistan, ho cose più importanti di cui occuparmi. Alcuni mi accusano di essere troppo presente nel partito. Vediamo se senza di me va meglio...». In passato si era parlato della possibilità di mantenere un coordinatore unico, una sorta di segretario del Pdl, ed era circolato il nome di Franco Frattini. È un passaggio che, a termini di statuto, esige un congresso e inoltre, in questo momento, dopo la contesa con Fini, appare molto difficile che Berlusconi intenda aprire un "contenzioso" con La Russa, Sandro Bondi e Denis Verdini. Non va dimenticato che il partito non può permettersi di minare la solidità con cui si prtesenterà al voto della prossima primavera. Anche se Pier Luigi Bersani dovesse perdere la scommessa sullo svolgimento delle elezioni poltiche a marzo, possibilità che governo e maggioranza escludono, in ogni caso, a primavera ci sarà un importante voto amministrativo. Che riguarderà città come Milano, Torino, Napoli, Cagliari, Bologna... Il Pdl non potrà presentarsi sotto gli effetti destabilizzanti di uno sconvolgimento ai suoi vertici.

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Tags Correlati: Denis Verdini | Fabrizio Cicchitto | Ignazio La Russa | Lega | PDL | Peppino Calderisi | Pier Luigi Bersani | Ristrutturazioni d'imprese | Sandro Bondi | Silvio Berlusconi

 

D'altra parte, il primo a escludere interventi sull'organigramma è Fabrizio Cicchitto. «L'ultima cosa che dobbiamo fare è aprire una vertenza sugli organigrammi, l'epicentro della crisi politica è stato certamente il Pdl e non il governo: é sul partito che si è verificata la rottura con Fini e i finiani, non sul governo». Il problema, spiega il presidente dei deputati Pdl, riguarda il rilancio del partito nella società italiana, «ricorrendo a strumenti tradizionali, fra cui anche il tesseramento, che è una forma di autofinanziamento e di militanza politica, insieme a strumenti nuovi». Si tratta di un «lavoro in profondità e non di operazioni di organigrammi, fatte nel fuoco di una battaglia politica che ha avuto delle ragioni assai serie». Cicchitto ribadisce che a leader forte «deve corrispondere un partito forte con i suoi tesserati, le sue sedi di discussione, la sua rete di dirigenti eletti». Occorre passare da una leadership carismatica, a un «partito carismatico», sottolinea Peppino Calderisi. «Un partito che si avvale di una figura carismatica capace di rappresentare e allargare lo spetrro del blocco sociale del centro-destra».
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