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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 16:22.
Marco Furlan, il veronese che insieme a Wolfgang Abel aveva dato vita alla formazione neonazista Ludwig, e condannato a 27 anni di carcere, secondo quanto ha appreso l'Ansa, potrebbe tornare definitivamente libero tra circa un mese. Il prossimo 9 novembre davanti al Tribunale di sorveglianza di Milano si terrà l'udienza per decidere la revoca della libertà vigilata concessagli più di un anno fa al posto della misura di sicurezza del ricovero in casa di cura.
Furlan nell'aprile 2008, dopo aver scontato 18 anni di reclusione (grazie anche ad alcuni condoni e per buona condotta) era stato scarcerato e affidato in prova ai servizi sociali e fino al gennaio 2009 ha lavorato in una società di informatica milanese. A settembre dell'anno scorso il giudice Cristina Ceffa ha sostituito la misura di sicurezza del ricovero in casa di cura prescritta con la sentenza definitiva a 27 anni di carcere (gli venne riconosciuta la seminfermità) in libertà vigilata. Il 9 novembre il magistrato di sorveglianza dovrà decidere, in base a una relazione dei servizi sociali sul percorso di Furlan, sulla revoca della libertà vigilata. In questo caso Furlan ritornerà definitivamente libero.
Marco Furlan, ora cinquantenne, con Wolfgang Abel, aveva dato vita alla formazione Ludwig con la quale erano stati rivendicati tra il 1977 e il 1984 quindici omicidi: tra le vittime c'erano barboni, preti, prostitute e omosessuali. Insieme con il suo complice fu arrestato il 4 marzo del 1984 dopo aver cercato di dar fuoco alla discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere (Mantova). Uscito dal carcere per scadenza termini nel 1988, fuggì dalla dimora obbligata e fu di nuovo arrestato nel maggio del '95.
Trent'anni fa la prima "firma". Fu un foglio inviato nel dicembre 1980 al Gazzettino di Venezia il primo atto ufficiale del gruppo Ludwig, che commise svariati omicidi tra il 1977 e l'84, in Italia e all'estero. Wolfgang Abel e Marco Furlan vennero arrestati nel marzo '84 a Castiglione delle Stiviere (Mantova) dopo aver tentato di appiccare il fuoco alla discoteca Melamara. Il primo testo fu scritto in caratteri runici, firmato con una svastica, per rivendicare tre omicidi commessi in Veneto fra il '77 ed il '79: quello di Guerrino Spinelli, un nomade di 30 anni bruciato vivo a Verona all' interno della sua automobile colpita da due bottiglie incendiarie; del cameriere omosessuale, Luciano Stefanato, di 44 anni di Padova bastonato ed accoltellato a morte nel dicembre del 1978, e quello di Claudio Costa, 22 anni, tossicodipendente, accoltellato a Venezia nel dicembre 1979.