Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2010 alle ore 08:43.
L'ultima modifica è del 14 ottobre 2010 alle ore 08:00.
Il governo e la maggioranza che ancora lo sostiene hanno perso un'occasione per dimostrare che la svolta della concretezza annunciata la settimana scorsa da Silvio Berlusconi è davvero in grado di affrontare i problemi prioritari del paese reale. La riforma dell'università è certamente in cima a queste priorità: ieri è stata affondata in Parlamento nella veste che aveva faticosamente assunto durante il passaggio in commissione cultura alla Camera. Un doppio parere negativo espresso dal Tesoro e dalla Ragioneria non lascia speranza sulla copertura finanziaria del provvedimento.
Tutto da rifare, mentre un'altra decisione, quella della conferenza dei capigruppo sul calendario di Montecitorio, faceva slittare l'esame dell'aula a data da destinarsi. Si è concretizzato, in altre parole, il rischio che per primo Il Sole 24 Ore aveva denunciato dieci giorni fa, che la riforma venisse calendarizzata soltanto dopo la sessione di bilancio, quindi probabilmente con il nuovo anno.
Preoccupa soprattutto che, a un anno dall'avvio della riforma e dopo due passaggi parlamentari, non si sia trovata ancora una sintesi all'interno del governo sulle risorse disponibili. Solo una settimana fa è infatti esploso l'ultimo conflitto fra il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e quello dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, che chiedeva risorse per salvare un contratto a tempo indeterminato per 9mila dei 20mila ricercatori che passano al contratto a tempo. Ieri la resa dei conti, con la posizione ufficiale del ministero dell'Economia sulla mancata copertura della norma sui ricercatori e di un'altra ventina di emendamenti approvati a Montecitorio.
Ora si torna in alto mare. Non c'è dubbio che siano necessari il taglio agli sprechi e l'avvio dei meccanismi di razionalizzazione e qualificazione della spesa universitaria nel medio-lungo periodo. Bene ha fatto Tremonti a pretenderli.
Altrettanto necessaria e urgente è, però, la riqualificazione della nostra università, perché quello che l'economia italiana non può più sopportare è una rigorosa politica di bilancio che paralizzi tutte le riforme strutturali necessarie al paese per ripartire a un ritmo di sviluppo più sostenuto.