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L'economia sta cambiando e scopre nuovi numeri

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2010 alle ore 07:23.


«Pil senza qualità. Forse è ora di cambiare». Il titolo di una recente pubblicazione di Luigi Campiglio, prorettore dell'Università Cattolica di Milano, va subito dritto al tema. Come il protagonista del romanzo di Robert Musil che non manca certo di pregi, ma deve instaurare un rapporto concreto con il mondo, il povero vecchio prodotto interno lordo, numero magico che racchiude in sé il voto sulla performance economica di un paese, non riesce più a fotografare completamente la realtà. Così, da un lato, le organizzazioni internazionali vanno alla ricerca di nuovi numeri all'insegna del benessere e della qualità della vita per integrare le statistiche tradizionali e, dall'altro, puntano a una maggiore tempestività e comparabilità dei dati che la crisi finanziaria ha reso ancora più urgente.
È questo lo scenario che farà da sfondo alla prima Giornata mondiale della Statistica indetta per mercoledì 20 ottobre dall'Onu, che coinvolgerà le istituzioni statistiche di oltre 190 paesi con l'obiettivo di valorizzare la capacità di produrre dati di elevata qualità in modo indipendente e aumentare la fiducia del pubblico nell'informazione quantitativa.
Intanto i due sassi nello stagno della ricerca della qualità lanciati nell'autunno di un anno fa dal rapporto della Commissione guidata da Joseph Stiglitz e da una comunicazione dell'esecutivo Ue, oggi rimbalzano verso l'Ocse, mentre i cerchi concentrici si preparano a raggiungere anche l'Onu.
L'Ocse è al lavoro per andare oltre il Pil all'insegna della qualità e il dibattito è in corso nel quartier generale dell'Onu. «Stiamo cercando di identificare alcuni indicatori vicini alla vita delle persone per misurare lo sviluppo del progresso con un focus particolare sul concetto di benessere economico e di qualità della vita», sottolinea il numero due del dipartimento di statistica dell'Ocse, Paul Schreyer. Il primo rapporto con la lista degli indicatori verrà pubblicato con tutta probabilità nel maggio 2011 in occasione dell'incontro ministeriale dell'Organizzazione che riunisce 33 Paesi, tra i quali, oltre a quelli europei anche Usa, Giappone, Canada e Australia. «Accanto alla ricchezza di uno stato, tradizionalmente misurata con il Pil – spiega Schreyer – cercheremo di misurare il valore della produzione domestica, dai lavori di casa alla cura dei bambini. Andremo però anche al di là del reddito monetario e del benessere materiale per dare maggiore completezza alla nostra analisi. Non si tratta di sconfessare il Pil, ma di integrare le statistiche esistenti con una nuova dimensione». Oltre agli indicatori tradizionali troveranno dunque spazio, per esempio, alcuni dati relativi alla salute, come il tasso di obesità o quello di mortalità. Anche in questo caso, come per il rapporto Stiglitz o quello dell'esecutivo Ue, l'obiettivo finale non è quello di arrivare a un unico numero di sintesi, ma di mettere maggiormente a fuoco la lente per analizzare la realtà.

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Tags Correlati: Banca Mondiale | Bce | Demografia | Fmi | Henri Laurencin | Joseph Stiglitz | Luigi Campiglio | Ocse | Onu | Paul Schreyer | Robert Musil | Stati Membri | Università Cattolica

 

La macchina messa in moto a livello di Unione europea e Ocse nel lungo termine non mancherà di fare rotta anche sul Palazzo di Vetro. «Sarà un processo graduale – spiega Henri Laurencin, responsabile del servizio di statistica e informazione dell'Unctad (la conferenza dell'Onu su commercio e sviluppo) – ma i nuovi indicatori faranno il loro ingresso anche nelle statistiche delle Nazioni Unite, a partire dai paesi più industrializzati per arrivare a consentire una lettura più completa anche dell'economia dei paesi in via di sviluppo. Il rapporto Stiglitz ha aperto nuove prospettive che non possono più essere ignorate. Per questo è indispensabile che i cittadini comprendano che i soldi spesi nelle statistiche non sono sprecati, ma contribuiscono a compiere passi decisivi, anche per il miglioramento della qualità della vita».
Dati più completi, dunque, ma anche più tempestivi, rigorosi e comparabili. Dagli Usa all'Europa. La scorsa estate la scoperta della reale situazione dei conti pubblici greci ha portato la Commissione Ue a proporre un pacchetto di leggi per rafforzare la sorveglianza di bilancio degli stati membri. Tra queste il regolamento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale a fine luglio, che assegna a Eurostat, il braccio statistico della Ue, maggiori poteri per verificare la veridicità dei conti pubblici nazionali.
Una ventata d'aria fresca è arrivata anche sulle statistiche del Fondo monetario internazionale. Un documento appena pubblicato a cura del dipartimento di statistica sottolinea che «la crisi finanziaria globale ha rivelato la necessità di dati comparabili per misurare e comprendere i rischi che comportano economie sempre più integrate per il sistema internazionale». L'ultima presa di posizione politica è arrivata nel giugno 2010 da parte dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali riuniti in Corea. Nel frattempo il Fmi ha creato nel 2008 il cosiddetto "interagency group", un network tra Bri (Banca dei regolamenti internazionali), Bce, Eurostat, Ocse, Onu e Banca mondiale. L'obiettivo? Sviluppare una coooperazione sulle statistiche disponibili e consentire una condivisione dei dati. Il primo risultato è il portale www.principalglobaindicators.org, creato nell'aprile 2009: 21 indicatori aggiornati e comparabili sui principali paesi del mondo.
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