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Raccontateci la vostra giornata con il fisco

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 06:36.

Il sistema blocca la possibilità
di risolvere il problema
Il Fisco è una presenza costante nella vita di un commercialista.
Il commercialista pensa tutti i giorni al Fisco, ci lavora, ci parla, se lo porta a pranzo, a cena, in vacanza. Spesso se lo sogna. A volte lo incontra, e uno dei casi più frequenti in cui avviene un incontro personale con il Fisco è per discutere delle comunicazioni di irregolarità formale. Si tratta degli avvisi generati da un controllo automatizzato, che incrocia i dati di dichiarazioni e versamenti, comunicando al contribuente eventuali irregolarità. Nel caso la comunicazione non sembri corretta si prende appuntamento presso un ufficio dell'agenzia delle Entrate e, alla data e ora prefissata, si incontra un funzionario che sempre, salvo rarissimi casi, è competente, cortese e ben disposto. Tuttavia mi è capitato di recente, in alcune situazioni un po' complesse, nelle quali occorreva analizzare le dichiarazioni di anni precedenti a quella oggetto della comunicazione, sentirmi dire che avevo ragione, ma il sistema non permetteva di risolvere la vicenda.
Sembra paradossale che un'impostazione informatica possa impedire al funzionario di fare ciò che ritiene corretto. Questa rigidità dei sistemi informatici è voluta, e ha lo scopo di evitare casi di eccessiva discrezionalità. Comprendo le ragioni di questo atteggiamento, ma mi immagino un futuro in cui l'informatica, sempre più presente e centrale nella vita professionale, la farà da padrona, e le ottime competenze dei funzionari dell'agenzia delle Entrate, ma anche quelle dei commercialisti, saranno al servizio dell'informatica stessa. Un futuro in cui torti e ragioni saranno stabiliti da automatismi non modificabili e non sindacabili. Come in un racconto di Philip K. Dick. Immaginandomi questo futuro un po' mi preoccupo.
Luigi Gallizia di Vergano
Rimborsi a «babbo morto»
per mancanza di fondi
Le esperienze negative sono quelle che si ricordano meglio e che restano più impresse in quanto, purtroppo, come professionisti ci rendono la vita difficile. Tre fratelli dichiarano nel 2001 una plusvalenza pro quota relativa a redditi diversi per aver ceduto un terreno edificabile a un costruttore e realizzato quindi una plusvalenza da tassare pro quota in capo a ciascuno come reddito diverso; correttamente versano l'imposta. Successivamente a distanza di quattro anni il compratore, in relazione a un vincolo non indicato nell'atto di cessione, che limitava i metri cubi edificabili, ottiene con sentenza passata in giudicato, la rescissione del contratto e la restituzione del corrispettivo pagato previa restituzione della proprietà del terreno ai fratelli. I fratelli hanno quindi pagato un imposta che non era dovuta e presentano quindi istanza di rimborso all'agenzia delle entrate competente per territorio: due volte Venezia, una Treviso (competente è l'agenzia nella cui provincia ha la residenza il contribuente)

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Tags Correlati: Agenzia Entrate | Fisco | Luigi Gallizia | Marco Sambo | Philip K. | Treviso | Venezia

 

Nel giro di sei mesi l'agenzia di Venezia restituisce l'imposta percepita di cui è venuto a mancare il presupposto impositivo. Sentita dopo sei mesi l'agenzia di Treviso, la stessa mi informa che non ha ancora avuto tempo di visionare la pratica. Più volte, pressato dal cliente che ha visto i fratelli soddisfatti, chiedo senza risultato informazioni. Alla fine, esasperato, presento ricorso presso la Commissione tributaria provinciale, che in breve tempo fissa l'udienza per la discussione. Mi presento sotto una pioggia torrenziale e come consuetudine attendo il mio turno per la discussione per circa due ore. Al momento della discussione il relatore mi comunica la cessata materia del contendere in quanto l'ufficio mi ha dato ragione. Insisto con la commissione per la liquidazione delle spese che la stessa ha compensato. Il presidente della commissione, un magistrato, con sufficienza mi liquida dicendomi: «Dottor Sambo, ha ragione ma... lo Stato non ha un becco di un quattrino!». Sfidando l'Ordine costituito trovo la forza di ribattere… «signor presidente ha ragione lei... ma la prossima volta che l'ufficio avrà ragione dovrà, per equità, archiviare il ricorso perché sarà il mio cliente che non ha un becco di un quattrino per pagare le imposte!!!».
Marco Sambo

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