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Boscoreale tra camorra, monnezza e ville pompeiane

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2010 alle ore 22:14.

BOSCOREALE (Napoli). Pagus (villaggio) Augustus Felix Suburbanus. I romani l'avevano chiamata così Boscoreale, una successione di dimore patrizie, Pompei è a cinquecento passi, come la villa di Lucio Cecilio Giocondo in località Pisanella, il cui tesoro scovato nel 1894 dal deputato e alto funzionario del ministero delle Finanze Vincenzo de Prisco, fu venduto a Edmond de Rothschild e poi donato al Museo del Louvre.

Ora in località Pisanella ci sono carcasse di Panda incendiate e migliaia di sacchetti di immondizia che si sgranano lungo i muri a secco di vecchi poderi ormai sigillati dal cemento armato. La cava Vitiello, dove dovrebbe sorgere la discarica più grande d'Europa, è a poche centinaia di metri da qui.

Discariche e ville pompeiane. Un corto circuito tra passato e presente che la classe dirigente ha amplificato all'infinito. Il Municipio è stato sciolto due volte per infiltrazione camorristica, nel 1999 e nel 2005. A Boscoreale comandano gli Aquino Annunziata. Da Lucio Cecilio Giocondo e il tesoro di 109 pezzi di oreficeria in argento del I secolo dopo Cristo, ai boss della camorra. I 26 mila cittadini che ora innalzano barricate e urlano ai carabinieri «Itavinne!» (tradotto: andatevene!) sono vittime più o meno consapevoli di una scientifica distruzione di un'area stracolma di reperti archeologici e bellezze naturali.

Il Louvre, il Field Museum di Chicago, la Walters art gallery di Baltimora e il Metropolitan museum di New York espongono gli affreschi pompeiani trafugati a Boscoreale. Il vuoto di questo paese appiccicato alle falde del Vesuvio è simboleggiato dall'enorme vasca di cemento armato costruita nei lontani anni Ottanta che avrebbe dovuto ospitare il depuratore. Ora è popolata da colonie di sterpaglie che solo la pietà di un filare di rigogliosi pini marittimi nasconde agli occhi dei passanti.

Il 1980, come dappertutto in Campania, segna lo spartiacque tra una modernità confusa e la ferocia del presente. Seimila terremotati deportati nella zona piano Napoli, eretta alla meglio accanto quel gioiello pompeiano che è Villa Regina: una stratificazione geologica che impietosamente rivela la mutazione antropologica che oscilla dai quieti triclini delle ville romane ai loculi post sisma.

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Tags Correlati: Aquino | Augustus Felix Suburbanus | Campania | Edmond de Rothschild | Giovanni Acanfora | Guardia di Finanza | Lucio Cecilio Giocondo | Napoli | Pisanella | Sanità |

 

La rabbia dei seimila napoletani si è scagliata contro la cittadella dello sport che avrebbe dovuto replicare l'adagio romano del mens sana in corpore sano. Gli spogliatoi che circondano il campo di calcio sono stati smantellati pezzo dopo pezzo. Infissi divelti, sanitari sbattuti contro i muri, fili elettrici strappati. Una furia distruttiva che nessuno ha cercato di lenire. Dalla parte opposta c'è un bellissimo teatro costruito come un accampamento di piramide mozze ricoperte di mattoni rossi. Il teatro non è mai stato aperto ma stavolta qualche anima pia si è preso cura di transennarlo.

Giovanni Acanfora, il panettiere di Boscoreale, apre le braccia in segno di sconforto: «Vorrei che oltre la discarica si parlasse dei tanti colpi a vuoto di questa terra». Un figlio nella Guardia di Finanza, una figlia guida museale alla quale ha regalato una casa di 100 metri quadri a poche centinaia di metri dalla cava Vitiello: «È costata 250 mila euro, 2.500 al metro quadro. Qui i prezzi sono altissimi. Ma ormai è invendibile, i soldi di una vita andati in fumo».

A disperarsi sono anche i ristoratori di Boscoreale: fino a sei mesi fa i napoletani venivano a celebrare gli sposalizi in uno dei tanti locali con annesse terrazze panoramiche che si affacciano su Punta Campanella, Capri e Ischia. Il panorama è rimasto, ma l'odore dolciastro rilasciato dai canyon di monnezza in putrefazione è cambiato per sempre.

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