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Nel mirino degli inquirenti altre operazioni dello Ior

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2010 alle ore 06:38.


ROMA.
Restano sotto chiave i 23 milioni sequestrati in via preventiva dalla Procura di Roma allo Ior su un conto aperto presso il Credito Artigiano. Le indagini dei pm, intanto, si allargano ad altre operazioni sospette: una serie di bonifici per 900mila euro, risalenti al 2009. Sul primo fronte, il tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di dissequestro avanzata dall'avvocato Vincenzo Scardamaglia, che assiste il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, e il dg Paolo Cipriani, indagati per omesse comunicazioni in violazione della normativa antiriciclaggio. Nel ricorso, il legale aveva sostenuto quanto più volte ribadito dal Vaticano: le operazioni oggetto del sequestro servivano ad acquistare titoli di stato tedeschi. Nulla a che fare, quindi, con ipotesi di riciclaggio, tanto che il 6 settembre 2010, giorno in cui vennero disposti i bonifici finiti nel mirino della Procura, la banca vaticana ordinò un'operazione analoga tramite Deutsche Bank senza incorrere nella censura dell'Unità informazioni finanziarie (Uif) della Banca d'Italia. Tesi che non ha convinto i giudici.
Sulla decisione del Riesame hanno sicuramente influito i documenti prodotti in udienza dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal pm Stefano Fava, nei quali si fa riferimento a due ulteriori operazioni sospette del 2009, a dimostrazione che il modus operandi della banca vaticana violerebbe da tempo la legge antiriciclaggio. Si tratta di un prelievo in contanti da 600mila euro, effettuato per finalità non meglio precisate su un conto dello Ior presso Banca Intesa San Paolo, e di assegni per 300mila euro incassati su un conto Unicredit. La Uif ha comunicato alla Procura che, nel solo 2009, sul conto Intesa San Paolo sono stati movimentati 140 milioni di euro in contanti. Tra i beneficiari dei bonifici ci sarebbe anche don Evaldo Biasini, indicato come il custode dei fondi neri dell'imprenditore Diego Anemone nell'inchiesta perugina sugli appalti per i grandi eventi affidati alla Protezione Civile. Nel mirino dei pm ci sono anche assegni per 300mila euro incassati dallo Ior, a novembre dello stesso anno, su un conto presso Unicredit e negoziati da tale Maria Rossi, indicata come la madre di un reverendo, titolare del conto. Dalle indagini emerge però che quei soldi provengono da fondi di una banca di San Marino e che Maria Rossi è un nome di pura fantasia. Ciò complicherebbe la posizione dei vertici dello Ior. «Ho totale fiducia nell'operato della magistratura affinché si faccia piena chiarezza sulla vicenda», ha dichiarato Gotti Tedeschi, contattato dal Sole 24 Ore. La conferma del sequestro, ha suscitato «stupore» in Vaticano. «Si ritiene - ha detto padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede – che si tratti di un problema interpretativo e formale. I responsabili dello Ior ritengono di poter chiarire la questione al più presto». E il direttore dell'Osservatore romano Giovanni Maria Vian gli ha fatto eco: «La nomina di Gotti Tedeschi è stata innovativa». Fonti vaticane riferiscono che i legali dello Ior starebbero già studiando il ricorso in Cassazione.

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