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Il mondo è sull'orlo della pace, non della guerra. Parola di Umberto Veronesi

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2010 alle ore 20:22.

"Il mondo è sull'orlo della pace, non sull'orlo della guerra". Questa è la convinzione espressa con volenteroso ottimismo dal professor Umberto Veronesi, nella presentazione di stamattina, presso il Circolo della stampa di Milano, della seconda Conferenza mondiale di Science for Peace, che si svolgerà il 18 e 19 novembre proprio nel capoluogo ambrosiano, nell'aula magna dell'Università Bocconi.

In quell'occasione sono previsti dibattiti ricchi di ospiti internazionali e la presentazione dei risultati e delle prospettive dei gruppi di lavoro di Science for Peace, un'iniziativa nata sotto il patrocinio della Fondazione Umberto Veronesi, che ha raccolto l'adesione di molti premi Nobel e ha già dato vita un anno fa a una prima Conferenza mondiale. Science for Peace si prefigge di coinvolgere la comunità scientifica, perché si impegni concretamente a diffondere la cultura della pace, e di stimolare un graduale taglio delle spese militari in Europa per spostare le risorse risparmiate verso investimenti in campo civile.

Il professor Veronesi, coadiuvato da Alessandro Cecchi Paone (i due hanno anche scritto insieme il libro intervista "La scienza e il movimento per la pace", edito da Passigli), ha presentato i temi della Conferenza novembrina e ha spiegato l'impianto ispiratore del progetto Science for Peace. Per prima cosa Veronesi ha riproposto la domanda che è stata al centro dell'incontro dell'anno scorso: a che cosa serve, nell'Europa unita, mantenere ben ventisette eserciti che certo non servono né a invadersi reciprocamente né a difendersi dagli altri Paesi europei, ma tutt'al più a sviluppare alcune missioni di pace, che in ogni caso non coinvolgono che il tre per cento del comparto militare europeo?

Al riguardo il professore-senatore nota che in numerosi paesi europei si assiste a una contrazione delle spese militari, forse più per motivi di budget – ammette – che per la pressione di iniziative come Science for Peace. In ogni caso, Cecchi Paone e Veronesi sono d'accordo nel considerarli segnali significativi, che indicano come i tempi siano forse maturi per una razionale riconsiderazione dell'entità delle spese militari.

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Secondo l'oncologo dai prismatici interessi, proprio il mondo scientifico può dare un importante contributo alla diffusione di una cultura della pace, dal momento "che la guerra è la più irrazionale delle cose". Su questo convincimento si innesta un'altra considerazione che, spiega Veronesi, è suffragata da importanti studi di genetica: al contrario di quanto sostenuto quasi sempre nella storia del pacifismo, la violenza e l'aggressività non sono innate nell'uomo che è anzi in origine pacifico. La spiegazione vulgata usata da Veronesi per spiegare questo concetto è sintetica: "Il Dna dà due messaggi. Ci obbliga a conservare noi stessi, ma anche a perpetuare la specie" e per farlo bisogna rimanere vivi e quindi non rischiare di interrompere la vita a causa della reciproca aggressività.

Oltre a un approccio razionale, spiega Cecchi Paone, il mondo scientifico può fornire alla diffusione di una cultura di pace anche un altro aspetto: la concretezza. Infatti Science for Peace si fa vanto di preferire interventi mirati e pragmatici (ad esempio il progetto di formazione medica Together for Peace), la proposta di obiettivi circoscritti ma possibili (il taglio del 5 per cento delle spese militari da parte dei governi dell'Unione europea) e la promozione di gruppi di studio che producano numeri e dati scientificamente raccolti, a un generico buonismo verboso e inconcludente. Veronesi, riproponendo un convincimento già altre volte affermato, indica nelle donne e nei giovani i suoi migliori alleati e interlocutori. "Le donne odiano la guerra, che è da sempre un grande nemico del mondo femminile", dice il professore, che corrobora le sue parole con dati sulla violenza in genere che mostrano come in Italia, a fronte di una percentuale irrisoria di donne tra i colpevoli di omicidio, queste sono invece maggioranza fra le vittime. E anche "i bambini sono naturalmente pacifisti", se non vengono deviati dagli adulti.

Veronesi non si sottrae ai dubbi di chi individua una contraddizione tra la sua disponibilità a guidare l'Agenzia per la sicurezza nucleare (disponibilità che ha già suscitato numerose polemiche di altra natura) e il suo asserito pacifismo coronato dalla creazione di Science for Peace. "L'energia nucleare è una delle più grandi scoperte – spiega l'oncologo – ed è una scoperta italiana". Fermi, che aveva iniziato la sua ricerca in Italia la concluse in America a causa delle leggi razziali e la sua pila atomica fu festeggiata con un italianissimo fiasco di Chianti. Correva però l'anno 1942, Hitler stava costruendo una bomba atomica e quindi, spiega Veronesi, il governo americano cercò comprensibilmente di sfruttare gli studi di Fermi in campo militare. In ogni caso la bomba fu pronta soltanto nell'aprile del 1945, con Hitler ormai fuori dai giochi. Inutile e tragica fu quindi, secondo Veronesi, la scelta politica degli Stati Uniti di usare la bomba su una città non militarizzata come Hiroshima. Veronesi sottolinea che questa decisione fu un enorme errore, e precisamente un enorme errore politico, che però ha paradossalmente innescato longeve critiche alla scienza. Ma, dice il professore, "bisogna eliminare questa vecchia convinzione". "Scienza per la pace si può anche leggere atomo per la pace", chiosa Cecchi Paone.

In effetti, il concorso indetto da Science for Peace per scegliere il logo dell'iniziativa è stato vinto dalla studentessa toscana Victoria Gorbievscaia che ha disegnato la stilizzazione del nucleo di un atomo che si rivela essere la "scia" di una colomba. In conclusione Veronesi ha tenuto a spiegare come mai lui, "profondamente laico", è convinto dell'importanza di dedicare una parte della Conferenza mondiale di Science for Peace al dialogo interreligioso. Il professore nota che, benché gruppi oltranzisti usino proprio pretesti confessionali per innescare conflitti, le dieci più importanti religioni hanno "la pace nel loro programma" e quindi il mondo scientifico coinvolto in Science for Peace deve avere come alleate le religioni che "sono grandi forze di pace". E invita tutti a leggere l'enciclica "Pacem in Terris" di papa Giovanni XXIII.

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